sabato 6 dicembre 2014

Non si ricomincia, si rinasce: Pensieri alternativi sotto un tetto di Bamboo mentre il Natale si avvicina.

O è Natale tutti i giorni non è Natale mai.
Paradossalmente, qui riesce ad essere entrambe le cose.
Per la prima volta in questo passaggio terreno chiamato vita, non ci sono attorno a me alberi arredati (anche perché vorrei vedere chi cacchio s'arrampica per cinque metri su di una palma per attaccarci due palline!) non si sentono canti di natale nei negozi, litigo quotidianamente con le zanzare e quando i monsoni si fanno vivi solo di notte sudo come un maiale e faccio almeno due docce al giorno.
Non essendo obbligata a "subire" il Natale, posso finalmente spendere qualche pensiero sul natale, secondo Charlie Man.
I Natali più belli che ricordi erano quelli da bambina quando si facevano gigantesche tavolate degne di una festa paesana a casa di Nonna, i parenti sparsi per la penisola italica si riunivano e i bambini venivano rilasciati senza briglie a giocare dalla mattina alla sera. Quando mi chiedo qual è la prima cosa che mi ricordo del Natale, è mia Zia che raschia la teglia del pasticcio perché a lei piacciono le croste e il bruciacchiato. E li capisco che con il DNA c'è poco da fare. I Natali di allora erano semplici, ma appunto per questo dannatamente speciali. Nel corso di un anno si ricevevano due regali grossi, uno per il compleanno e uno a Natale, essendo io di Maggio mi andava anche bene uno ogni sei mesi giusto giusto. Poi c'era la cioccolata calda fuori dalla chiesa, il presepe della Nonna da mettere sotto sopra, i pandori e i panettoni, le lasagne… Un tripudio di trigliceridi che manco un orso prima del letargo. Ma è Natale, siamo tutti più buoni, soprattutto con noi stessi.
Quando si comincia a crescere il Natale cambia.
Nei primi anni quel "Natale con i tuoi" ha come riflesso incondizionato la frase: "Cheppalle!". Vorresti catapultarti in un mondo senza impegni festivi, dove puoi passare il giorno di Natale su di un letto a smaltire la sbronza della vigilia, lo stesso per Capodanno. La befana no, li ormai sei alla frutta e così sia.
Oggi il Natale, che io vedo nella maggior parte dei volti, non mi soddisfa più. Regali regali regali, stress da regali, stress da soldi che non ci sono per comprare i regali, delusione quando il regalo che hai fatto è di un livello socioantropologicoculturaleconomico maggiore di quello che hai ricevuto (attenzione: soprattutto fra coppie appena formate hai la stessa percentuale di rischio rottura delle vacanze con gli amici ad Ibiza.) chili da smaltire prima, per far spazio ai chili presi dopo e poi lagnarsi fino a carnevale dei chili presi, prenderne ancora a suon di chiacchiere e frittelle, poi lagnarsi fino a Pasqua, prenderne ancora a suon di colombe e capretti per poi non avere più scuse e spendere più soldi in Herbalife e Pesoforma che Birre il venerdì sera.
Peccato che, nonostante il mio rimarcato agnosticismo, per me almeno una volta l'anno si potrebbe usare il Natale, come una scusa, per essere un po' meno egoisti. Come quando si sfrutta la quaresima nella speranza di perdere qualche etto.
Così quest'anno, in totale assenza di spirito natalizio raffigurato come da tradizione ho deciso di affrontarlo sull'onda della cosmica gratitudine che quest'isola e divinità ignote mi portano.
Quest'anno per Natale non spero in alcun regalo. Ho già ricevuto dalla vita più di quanto potessi in alcun modo desiderare e non c'è nulla al mondo che potrei volere più che essere me stessa e fare la vita che faccio.
Negli ultimi anni della mia vita ci sono stati momenti in cui ho creduto di aver fallito. Di aver perso tutto. Addirittura e credo sia la sensazione peggiore al mondo, di aver perso totalmente  il controllo della mia  testa.  In questi anni ci sono state volte in cui ho aperto gli occhi la mattina, delusa e spaventata, e tutto quello che avrei voluto fare sarebbe stato avere abbastanza sonno da non aprirli più. In questi anni ho ferito.
In questi anni sono stata ferita, più di quanto avrei creduto ed ogni volta che ho creduto di toccare il fondo ci stavo ben lontano.
Oggi penso a tutto quello che è passato e mi sento un'idiota.
Tutto quel tempo perso, con la faccia al muro e la paura in groppa ad attendere che i nodi si strighino, che qualcuno mostri la strada, un segno, una dritta. E invece ti rendi conto che la strada te la devi costruire da te, mattoncino dopo mattoncino, sotto la pioggia e sotto il sole cocente, a volte in compagnia ma spesso solo. Impari che come tutti i lavori del mondo, anche costruirsi una vita viene meglio quando impari a sorridere e riderci su.
Fai i conti con una verità che fa male: nella vita non si ricomincia, si continua. Con tutte le cicatrici, i segni e le conseguenze delle botte prese. Diventi sempre più minimalista, in casa come con le persone e ti ricordi spesso di far spazio sulle mensole lasciando andare le cose inutili, che fanno polvere e basta.
Scopri i piccoli piaceri della vita, quelli gratis, come ballare in cucina mentre prepari una cena dopo una lunga giornata di lavoro o riconoscere nelle persone che incontri molecole simili alle tue che te le fanno entrare nelle ossa e diventano parte di un microcosmo che vive dentro e fuori di te.
E' vero nella vita non si ricomincia, mai.  Ma si rinasce.
Si impara a sorridere di nuovo e si scopre come guardare il mondo con occhi nuovi. Non è mai troppo tardi per scoprire nuovi muscoli facciali con un sorriso. Non è mai troppo tardi per sentire qualche battito impazzito in più. Per imparare qualcosa di nuovo o fare qualcosa per la prima volta.
Sta arrivando Natale e quest'anno non chiedo nulla. Ho più di quanto avrei mai potuto desiderare. Sono una delle persone più ricche che conosca.

Perché uno in questo mondo ricco ci nasce e loro sono il motivo per cui, comunque sia e ovunque sia, sono una delle persone più ricche che conosco. 

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