Ogni mattina
l'italiano medio si alza. Fa colazione, probabilmente con il latte e i
galletti, muesli se è a dieta,
stitico o femmina. Parte per andare al lavoro
che probabilmente prevede un connubio di semafori, metro prese sgranando rosari
per i ritardi e/o scioperi e/o suicidi depressi per gli effetti collaterali del
Natale, treni zozzissimi con le problematiche precedenti in cui si trova in
piedi perché l'unico posto disponibile è vicino ad un Pakistano e ha come paura
di essere contagiato chissà da cosa, corse per i marciapiedi scontrandosi cento
volte senza mai dire la parola scusa ma pretendendo che lo facciano gli altri,
arrivare in ufficio con i denti già stretti e lo stomaco contorto e così può
avere inizio la giornata.
Si siede al PC dopo
aver scambiato i soliti commenti sul WE lagnandosi del rincaro dei prezzi, del
coniuge, della squadra o del tempo a seconda del collega. Apre il Browser con
le pagine del lavoro e in background, navigazione anonima che lo fa sentire un
membro in incognito del KGB, apre Facebook e gli altri social che segue.
So che in questo
momento hai la rabbia e vorresti chiudere l'articolo perché ti riconosci in
diversi di questi punti, alcuni addirittura in tutti. Ma allo stesso tempo
continuerai, perché vuoi vedere dove sto andando a parare. Qual è il punto
della situazione. Quindi ti rassicuri dicendoti: naaaaaah sono mica così io e
vai avanti.
Arriva la tanto
desiderata pausa pranzo e la passi sui social o su Whatsapp a commentare le
cose che ha commentato prima del turno con i colleghi a seconda del mestiere.
Chi ha una compagna/o esigente manda il classico messaggino per tenersela buona
sennò comincia a rognare e chi la sente più. Quattro battute con il barman
prima di tornare in ufficio e via. Fra il dire e il fare si sono fatte le
quattro-cinque-sei… insomma l'orario per staccare. Riattraversa la stessa
odissea della mattina, questa volta però senza energia, con il volto quasi
rassegnato e grigiognolo che rappresenta ogni pendolare. Torna a casa, prende
la sacca della palestra o la borsa di qualsiasi attività segua per calmarsi i
nervi. Alle sette e mezza è con i piedi sotto il tavolo. Guarda i figli,
sperando che facciano i bravi che per oggi ha avuto abbastanza. La compagna/o
di vita che distaccatamente fa la lista delle
spese/pendenze/Imprevisti/maestre/problemi etc.
Alle nove è in
divano a fare zapping, ad imprecare contro il governo e a maledire
l'abbonamento Sky, quasi mille canali e non c'è mai un cazzo da vedere.
Quello che avete
appena letto potrebbe essere, in parte o in toto la vostra vita.
Quando la gente mi
dice: ma quanto coraggio hai avuto a mettere in via una start up di questi
tempi, a specializzarti a tue spese e a gestirla rifiutando il fast cash, ad
aver preso un volo per l'altra parte del mondo, ad aver messo in discussione
tutto, la mia risposta è : non è stato coraggio è stata onestà nei miei
confronti quando mi sono resa conto che quel finale, proprio quello che leggete
li su, poteva essere il mio.
Non sono un
supereroe e ci sono arrivata molto più vicino di quanto voi stessi possiate
immaginare.
A vivere questa
vita, ci sarei potuta essere io.
E poi?
Poi è arrivato un
giorno in cui mi sono resa conto che tutte le "cose" del mondo non mi
avrebbero reso felice. Che i miei sogni erano fatti di un'altra materia, erano
fatti di sguardi mai visti, lingue ancora sconosciute, strade mai camminate. Nella
mia vita sono sempre stata, nonostante tutto, fortunata.
Non ho lasciato
l'Italia per questo viaggio perché in Italia facevo la fame. Avevo una vita che
mi piaceva. Ma non era abbastanza. Sono un'ingorda di vita, di sorrisi, di cose
semplici ma diverse, di fotografie. Si sono un'ingorda di fotografie mentali. Me
le sono venuta a prendere.
Ha veramente così
senso, passare una vita lamentandosi della vita che si fa?
Forse quest'anno ti meriti anche tu un sorriso da dentro per Natale. Cerca nello specchio vedrai che qualcuno te ne è rimasto. Quando li rispolveri poi, chi li rimette nel cassetto belli come sono.
Oggi è il primo giorno del resto della tua vita, cosa pensi di farne?
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