sabato 27 dicembre 2014

Il Mondo secondo il Natale.

Finalmente anche queste feste sono passate!

Lo dico per voi, per la prima volta dopo tanti anni questa festività per me non ha rappresentato straordinari strazianti con clienti esauriti, sistema peptico in panne, portafogli in lutto, senso di colpa perennemente accovacciato sulla spalla a farti pesare ogni singolo grammo di cellulite accumulata come un macigno, visite di circostanza, sorrisi perché è Natale e va bene così.
Vi siete mai fermati a pensare come sarebbe la vostra vita se fosse Natale almeno una volta a settimana?
Se fosse Natale una volta a settimana, le persone che amate veramente si sentirebbero amate veramente e lo stesso vale per voi. Non è triste che serva una scadenza per ricordarsi di una telefonata, organizzare un aperitivo o anche solo "regalare" un po' del vostro preziosissimo tempo a chi tutto l'anno ne raccatta le briciole.
Se fosse Natale una volta a settimana, sareste tenuti a fare pulizia! Non sopportereste tutte queste facciate e sorrisini di circostanza, non deglutireste con qualche pillola di cinismo le badilate di melassa non richiesta che vi arrivano in nome della bontà natalizia. I sentimenti veri sono quelli che esistono 365 giorni l'anno e spesso non richiedono definizioni, tabelle, etichette e parametri di misura. Ci sono. Chi tenta di quantificare o qualificare un sentimento solitamente non è in grado di provarlo. Non sono catalogabili. Se questa festività fosse più ricorrente non ci si penserebbe molto a smantellare maschere e buonismi.
Se fosse Natale una volta  a settimana, saremmo tutti più sereni. Si perché, una volta per ogni settimana, ci sentiremmo il divino diritto di viziarci un po'. Ci compreremmo quella sciarpa che vogliamo ma continuiamo a rimandare in attesa dei saldi, ci rinchiuderemmo una giornata in centro benessere, perderemmo almeno un ora per farci una deliziosa cioccolata calda da bere davanti al camino leggendo  il nostro libro preferito.
Se fosse Natale una volta a settimana, i nostri regali sarebbero di meno, meno costosi e più sentiti. Ammettiamolo fare i regali a Natale è sempre uno stress. Se però ci si aspettasse che li facessi ogni singola settimana, non servirebbe rompere il salvadanaio. Un cioccolatino, un fiore, un bigliettino, un pupazzetto collegato ad una storia divertente, una maglia, una calamita per il frigo. Le persone possono essere rese felici con poco. Se hanno bisogno di molto, rivedete il vostro entourage. La vera felicità non costa mai tanto.
Non sarebbe male, se fosse Natale ogni settimana.
Dover fare i conti con il proprio specchio interiore e tirare le somme del periodo passato. Vedere cosa non va. Progettare nuove strade e nuovi passi per il periodo che inizia.
Avere ogni settimana la possibilità di farsi coccolare prima di ricominciare.
Perché il Natale non è altro che questo: una scorta di coccole scambiata con le persone che veramente le meritano e meritiamo, così mi auguro, prima di lanciarsi in un nuovo capitolo.
Non ci serve il Natale, un anno nuovo, un calendario nuovo per avere la possibilità di cambiare strada. Oppure di cambiare approccio alla strada che già stiamo percorrendo. Basta deciderlo.
Non ci serve il Natale per ricordarci che siamo amati e fortunati. Lo siamo anche gli altri 364 giorni. Altrimenti anche il Natale sarebbe un giorno vuoto.
Smettiamo di viverne l'attesa e viviamo ogni singolo giorno come se fosse una festa. Una cerimonia per il piccolo miracolo che è essere a questo mondo, in queste scarpe, in questa vita.
Se non siete ancora convinti allora sappiate che in questi giorni per voi è stato il lutto del vostro conto corrente o della vostra forma fisica provata.
Ma non troppo lontano c'è chi piange una strage di 230 mila vittime avvenuta dieci anni fa, di cui una grossa fetta in questo paese, per colpa di uno dei tre terremoti più forti mai registrati nella storia moderna. Sapete cosa sono 230 mila morti? Pensate di perdere una persona che vi sta a cuore. Ecco, moltiplicatelo per 230mila, aggiungeteci la vostra casa e la vostra macchina, il vostro lavoro, i vostri amici, la vostra vita.
Ora sorridete, come se fosse ancora Natale. Come fanno loro, guardando a testa alta le loro città ricostruite. Tornate a casa ed abbracciate i vostri cari.

Natale resterà con voi quanto lo vorrete. 

lunedì 22 dicembre 2014

Alla ricerca del tempo perduto. (War is over.)

Tic Tac Tic Tac Tic Tac. La nostra vita è suddivisa da tre piccole lancette che si rincorrono su di un quadrante. Sessanta, Sessanta, Ventiquattro, fra i Ventotto e i Trentuno, Trecentosessantacinque, Dodici, Numero non definito.

La nostra vita sembra un'equazione. Forse è proprio per aver sviscerato la concezione di tempo e le possibilità di ogni essere umano suddivise prima per Decade, poi per Lustro ed infine ad anno che tutto ci appare sempre una sfida alle lancette. Una corsa a chi arriva prima, noi o il tempo, alla stessa meta.
C'è un tempo per ogni cosa ed ogni cosa a suo tempo, dicono. Chi ha tempo non aspetti tempo, il tempo è un galantuomo. Quanti modi di dire, quanta  saggezza nascosta indietro al concetto del tempo.
Eppure, c'era un tempo (e questa concedetemela) in cui i giorni erano più lunghi, le ore diluite, le stagioni cicliche e i rapporti eterni. Quel tempo c'è ancora, in buona parte di un continente antico dai cicli perenni chiamato Asia. Quanto ha realmente cambiato la nostra vita aver sviscerato la questione del tempo?
Non mi ero mai posta questo quesito, fino a quando mi sono trovata a trascorrere settimane nella città dal tempo di Gomma. A detta di chi c'è stato prima ma anche scritto negli occhi della fauna Expat locale, Ubud è una terra di Lotofagi.
"Ubud è collosa" mi ha detto nella prima settimana di permanenza una ragazza americana conosciuta ad Hubud, "più tempo ci passi più ti si appiccica dentro. Non te ne rendi veramente conto, non capisci quante settimane sono passate se non per il rinnovo del visto, tutto sembra essere eterno. Quando sono tornata a casa, a DC, ho resistito tre mesi. Poi ho rifatto la valigia e sono ripartita. Non avevo nulla da fare."
Forse per la mia ingordigia geografica  oppure per le lezioni prese in passato sulle parole "a tempo indeterminato" ma non mi sento in grado di definire quanto ancora mi resta da trascorrere su quest'isola. Tuttavia, più passano i giorni e le settimane più capisco come tanta gente abbia deciso di lasciare il mondo occidentale e visitarlo pochi mesi l'anno. Non mi sento pronta a dire che lo fare, ma mi sento perfettamente in grado di capire le sinapsi che li hanno portati a compiere questa scelta.
Treat yourself.
Che frase magica, talmente antica da suonare anacronistica eppure nessuno la utilizza più.
Quando è stata l'ultima volta che ci si è dedicati del tempo?
Che si è chiuso il mondo fuori facendo quello che amiamo veramente?
Esattamente, tu, che mi stai leggendo, cosa faresti SE dovresti farti un regalo?
Un anno fa, quando la mia vita era concentrata sulle frazioni più infime della  sua catalogazione per riuscire a fare tutto, se mi avessero posto questa domanda avrei iniziato una lista infinita di cose da fare, attività da praticare, buoni propositi per l'anno in arrivo.
Questo perché, paradossalmente, più si deframmenta meno si gioisce del tempo. Avete mai pensato a quanto tempo effettivo serve, per effettuare un lavoro e quanto ne utilizzate? Prendete un progetto ed analizzate. Vi assicuro che sarà una sorpresa la quantità di tempo smarrito nel mentre. Cazzeggio, pensieri sparsi, rivalutazione degli obbiettivi, attese, scelte titubanti. Tutto tempo che non tornerà più.
A cui sommiamo ansia, preoccupazioni ed impazienza.
Perché abbiamo tempo da perdere al PC, sui Social Networks, in Forum, uscendo con "amici" di cui abbiamo sempre qualcosa da ridire oppure seguendo "passioni" alle quali apportiamo sempre un mare di critiche e non abbiamo tempo per concederci un'ora secondo i nostri più onesti desideri? Perché non abbiamo il tempo per aprire un libro che vogliamo leggere da tempo, fare lezione di Yoga o meditare, preparare una cenetta romantica per la persona che diciamo di amare oppure trascorrere un Weekend in famiglia?
Perché deframmentare il tempo ci ha reso la società del Fast Food. Ciàpa Su, direbbe Paolini citando uno dei suoi migliori spettacoli. Siamo di fretta su tutto partendo dal cibo che dev'essere rapido e di veloce consumo, facile digestione e senza dubbio senza OGM, siamo pur sempre la generazione delle contraddizioni.
I mezzi di trasporto devono essere perfettamente sincronizzati e rapidi di modo da non farci perdere un solo minuto della nostra pausa caffè prima di attaccare oppure la sigaretta inalata voracemente prima di salire in treno senza perderne nemmeno un tiro. Le macchine devono assolutamente ottimizzare il nostro tempo, quindi il nostro telefono funge anche da PC, Macchina fotografica e Registratore, così i messaggi vengono registrati e programmati, le chiamate partono con un solo comando vocale, scattiamo un'immagine non tanto per i ricordi ma per catalogare i volti delle persone della nostra rubrica spesso con un sorriso cordiale e sforzato.
Come unica inevitabile conseguenza, i rapporti interpersonali hanno la medesima deframmentazione.
Ci si conosce per caso e la prima mossa è quella di cercarsi sui Social e studiare la "cartella" di chi abbiamo di fronte. Un modo rapido ed indolore per capire se la persona in questione è di nostro gradimento a livello ideologico, politico, zodiacale, musicale, cinematografico e gastronomico. Una volta spuntata la lista, si decide di dare possibilità solo a persone che superano questo primo test attitudinale, non si può certo perdere tempo! Di li in poi c'è poco da scoprire e per quel poco basta semplicemente fare due passi nella vita dell'altra persona, una volta invitati. Si perché nonostante nessuno abbia MAI tempo per le cose e le persone che ama, trova SEMPRE il tempo di dire quella parola in più e di mettere in evidenza cose che magari avresti desiderato scoprire da te se davvero ce ne fosse stata necessità. Questo tempo, per fortuna che era un galantuomo. Invece no! E' un maledetto elefante con una memoria storica ineguagliabile che tutte quelle minchiate che hai fatto pensando: massì sono giovane libero e felice, chi se ne frega! Eh no, vengono registrate, catalogate e riproposte (spesso amplificate) proprio nel momento in cui senti che la tua vita non è mai andata meglio. Ma è la vita e volendo essere Jungiani, non contano gli ostacoli ma il modo in cui ci si approccia e le ferite che permettiamo loro di infliggerci. Per cui, chi ha tempo, decide di impegnarcelo e continuare comunque in questa impresa.
Di li in poi, non resta altro che costruire, da zero e sicuramente non saranno tutti giorni di sole.
Costruire, con la crisi che c'è chi se lo può permettere? Meglio affittare no?
Si perché i cuori di oggi, sono spesso in affitto che non si sa mai. Magari il lavoro va bene e ti potrai permettere di meglio oppure vinci la lotteria, anche se non giocherai mai, magari c'è uno Zio d'America pronto a sconvolgerti la vita con un'eredità inaspettata. Fatto sta, che di costruire, mica se la sente più nessuno. Ed in effetti, ma chi te lo fa fare! Chi compra un maiale per due fette di salame? Chi rischia la bancarotta per una casetta su misura? Che poi si sa mica che succede, metti che il compagno di viaggio si stufi, o ti stufi tu, o passa di meglio… Dio quanto di meglio c'è la fuori!

Pensieri pensieri pensieri.

Tic Tac Tic Tac Tic Tac.
Sessanta, Sessanta, Ventiquattro, fra i Ventotto e i Trentuno, Trecentosessantacinque, Dodici, Numero non definito.

Intanto le lancette non si sono fermate. Nessuna pausa, peggio di catene di montaggio Cinesi!
Tra un pensiero e l'altro, tra un fast food e l'altro, fra un volto e l'altro tante piccole linee si accumulano. Si chiamano rughe e sono i segni della vita che ti passa addosso. Tante piccole formichine che ti camminano addosso ogni giorno, ma tu non te ne accorgi: stai ancora cercando di decidere qual è il momento giusto, la persona giusta, la vita più bella, lo stato migliore, il fisico perfetto.
Non sei pronto, non lo sei mai e mai lo sarai. Non ti sentirai mai in grado di fare quel gradino in più, di licenziarti dal lavoro che dici di odiare perché non sai come potresti poi pagare le rate delle cose che hai preso e di cui ti rendi conto di non avere nemmeno più bisogno, di usare la parola "per sempre" con una persona che ci fa scappare qualche battito in più e sentite le farfalle nello stomaco nonostante i litri di pesticida ingurgitati, di avere figli in questo mondo instabile, di maturare.


Tic Tac Tic Tac Tic Tac.
Sessanta, Sessanta, Ventiquattro, fra i Ventotto e i Trentuno, Trecentosessantacinque, Dodici, Numero non definito.

Nel mondo del tempo di gomma, a nessuno importa se l'appuntamento sarà alle due o alle quattro e quanto durerà. Gli abbracci, anche fra due estranei alla fine di una session di Yoga, non sono di circostanza, ma è un passare atomi dalla pancia dell'uno alla pancia dell'altro. I locali non danno appuntamenti più definiti di "domani" o "fra qualche ora". Faranno quello che dovranno fare ma con tutta la calma del caso, perché avere fretta? Se vai da una parrucchiera il servizio include un lungo massaggio in fase di shampoo ed asciugatura. Se vai a fare una ceretta non uscirai dal centro senza un lungo massaggio agli oli ed una pedicure include sempre riflessologia. Il the viene sempre offerto, con biscotti e zenzero stagliuzzato con arte. I piatti anche nei ristoranti da meno di due euro a pasto, vengono presentati con abbinamenti di colore.
I Balinesi perdono tempo, tanto tempo, a sorridere. Fra di loro quando li guardi di nascosto. A te, che tu sia un cliente o un passante. I Balinesi perdono tempo. Ti chiedono come stai e dove vai, perché da loro così si usa. Alla fine e spesso durante di ogni cena, ceretta, shampoo, giro in taxi o qualsiasi servizio fruibile ti chiederanno come va, se è abbastanza, se sei felice. La loro vita è fatta di celebrazioni, le loro celebrazioni sono fatte di vita, di colori e di sorrisi. Il loro tempo è finito quanto lo è il nostro, ma vivono come se avessero nove vite come i gatti. Non hanno mai fretta, si prendono tempo per qualsiasi azione, addirittura alzarsi dal marciapiede e mettersi in marcia. Si sposano, nonostante vivano in un isola che conti più anni di fame che di benessere e fanno figli. Quando passi davanti alle loro piccole comunità i bambini rincorrono i polli in cortile e si arrampicano sugli alberi, come un tempo.


Tic Tac Tic Tac Tic Tac.
Sessanta, Sessanta, Ventiquattro, fra i Ventotto e i Trentuno, Trecentosessantacinque, Dodici, Numero non definito

Non sono un popolo perfetto, non siamo un popolo marcio.
Siamo errori, commettiamo umani.

Quest'anno, come detto e ripetuto, non festeggerò il Natale. Celebrerò tuttavia, altre celebrazioni, scandite dalle mie lancette e dalla mia meridiana.
A tutti voi che vi preparate a seguire il calendario tradizionale, auguro di tutto cuore un Felice Natale.
Vi auguro di trovare sotto l'albero uno specchio che vi faccia capire dove siete e chi avete intorno, una bussola per trovare la via anche nelle notti senza luna e compagni di viaggio che sappiano donarvi solo sorrisi sinceri che partono dall'anima e ti si tatuano dentro.

Se volete davvero fare la differenza, donate il vostro tempo. Tutto il resto è merce deperibile e svenduta ai nostri tempi.


Buon Natale a tutti voi! 

venerdì 19 dicembre 2014

Art'è: qualche riflessione sulla bellezza con il naso per aria sotto l'occhio vigile degli spiriti in visita per il Galungan.

Artista: la parola più stuprata e deturpata dell'ultimo secolo.
Nel mondo occidentale definirsi Artista, mestiere generalmente auto dichiarato e fin troppo di rado auto certificato, ti investe subito di un'aura di interesse e magnetismo nei confronti della parte di popolazione intellettuale . Di invidia, della piccola fetta che guarda ancora la chitarra impolverarsi nell'angolo del divano chiedendosi come sarebbe stata una vita alla Frank Zappa e ripetendosi che a questo mondo il tuo destino lo definisce la "porta" da cui esci il giorni in cui ci arrivi.
Di disprezzo, ribattezzato fancazzista, dal meneghino medio, che traccia il grafico del successo piroettando fra: conto in banca, immobili, automobili e la portata economica dei regali che può fare per Natale alla famiglia ed alle amanti.
Fatto sta che al giorno d'oggi la maggior parte della gente che si incorona "artista" trova in questa parola un ottima scusa per giustificare il fatto che sta per barattare una birra con tante storie di viaggi finanziati da dubbi enti, con ideologie abbozzate ma mai delineate, con slogan super fichi privi di sostanza. Insomma la versione culturale delle donne che dichiarano di essere innamorate della libertà, per giustificare il fidanzato/marito con il prosciutto sugli occhi ed il cesto di lumache in testa a cui promettono eterno amore, dopo essere state ingroppate dal manzo di turno, conquistato con ideali falsi quanto i loro sorrisi.
Tabelle ed etichette in un mondo incapace di semplificare, perché perderebbe l'essenza stessa essendo carente di sostanza.
Ma dove si nasconde dunque l'arte e la bellezza in questo angolo di mondo antico e frenetico al tempo stesso?

A Bali, l'arte è in tutto quello che vedi. Le porte sono intagliate a mano artigianalmente, così come gli armadi e spesso le maniglie, i tavoli anche quelli di legno più grezzo sono un incontro perfetto delle mani della natura e dell'uomo. Ogni via di Ubud rivela botteghe artigiane dove troverete quadri, sculture in legno o pietra spesso vulcanica. I tessuti sono lavorati e colorati a mano. Qualche scuola di Batik che ha resistito alla migrazione di massa verso Jakarta e botteghe del pregiatissimo Ikat, dipinto filo per filo, nelle sue versioni più preziose intrecciato con fili d'oro e argento. La bellezza è ovunque: dalla cura cromatica con cui vengono assemblati i piatti nei Warung, da sembrare dei piccoli quadretti espressionisti a come vengono intagliate le noci di Cocco. Si perché da noi del maiale non si butta via niente, qui vale per i cocchi: decapitati, ciucciati da turisti e locali, poi raccolti, fatti essiccare al sole e poi scavati ed intagliati per farne maschere.

Basta guardare la mattina per terra i piccoli vassoietti di banano intrecciati a mano, con composizioni di fiori colorati, riso e altri generi alimentari, messi fuori dalle porte e negli incroci per ingraziarsi i demoni.
La cosa che più colpisce un occidentale, nel momento in cui ci si sofferma a vedere questi piccoli attacchi d'arte quotidiana, è il tempo che si dedica alla creazione di oggettistica destinata a deperire in fretta. Essendo abituati alla plastica e all'usa e getta, sembra assurdo "perdere tempo" nel creare la bellezza in oggetti che non devono sfidare il tempo.
Ma è veramente questa l'essenza dell'arte? Sfidare il tempo immortalandosi e superando i limiti della permanenza di ogni singolo artista sul pianeta o si può creare per il momento, il presente senza dover per forza avere una progettualità?
Poi alzi gli occhi al cielo e rimani strabiliato dalla maestosità dei Penjor, le decorazioni che sovrastano la città, una dietro l'altra, in onore del Galungan, quel periodo dell'anno balinese in cui gli spiriti ancestrali scendono a trovare gli abitanti dell'isola.
Allora capisci che la bellezza non deve essere eterna e perfetta per essere necessaria.



E finisce tutto in una sonora risata quando scopri che, in Balinese, la parola Arte, non esiste. 

giovedì 18 dicembre 2014

"La Vita è ciò che accade mentre stai facendo qualcos'altro": come scoprirsi felici davanti ad un cappuccino di soia con due sconosciuti.

Questa frase non è mia e non ho intenzione di prendermene la maternità, tuttavia mai come oggi l'ho sentita vibrarmi nelle cellule., da quelle epiteliali alle più interne, raggiungendo l'ufficio con un sorriso ebete dopo un pranzo in compagnia.
Come già detto più volte le tempistiche di Ubud non sono esattamente quelle Italiane, avere sette ore di fuso fa si che la mattina sia la tua fascia oraria più "vuota" in cui ti puoi regalare del tempo per te stesso facendo le cose che più ami per poi arrivare in ufficio rilassato o stanco a seconda dell'attività. Purtroppo passeggiare nella sottile linea fra il Galungan e il Natale fa si che qui tutto si rallenti al punto di fermarsi e molti Expat decidano di tornare verso le loro patrie per un po' di tempo in famiglia.
Inclusa la mia insegnante di Yoga.
Non volendo cedere alle giga scuole con più di sessanta persone a lezione, mi sono trovata ben presto a svegliarmi la mattina senza una routine, per quanto sia possibile per me averne una.
Così si è deciso di impegnare le mattinate con lunghe session di briefing aziendale per smaltire parte della progettazione che a Gennaio ci obbligherà all'ufficio le canoniche otto ore al giorno, se va bene.
Una cosa che ad Ubud non potrà mai mancare è un accesso al Wifi. Averlo a casa è veramente uno sfizio, basta fermarsi in un caffè e con un euro e mezzo di bevanda hai a disposizione divanozzi comodi con policromi cuscini oversize,  la rete, il servizio e anche la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con chi passa se sembra avere qualche storia interessante da raccontare.
Ubud è un covo di viaggiatori, di storie fantastiche, di idee nuove quindi ci vuole veramente impegno per passare del tempo indisturbati.
Così, rintanati nel barettino di un coloratissimo ostello in centro ad Ubud, ci siamo trovati a chiacchierare con un altrettanto colorato Inglese (ESISTONO!), il suo ruvidissimo accento della città dei Beatles e i colori che ti facevano credere di aver incontrato un irlandese. Un altro giramondo e dato che questo mondo ognuno se lo gira a modo suo, lui ha deciso di girarlo facendo il Coach per il Team Building delle grandi aziende. E' bastato stringerci la mano in condoglianza per la loro ricezione di SuperMario con il ghigno di chi si è appena liberato di un virus intestinale ed una mattina è volata, all'insegna di racconti di viaggi.
Sean viaggia da funambolo fra la natura e gli sguardi delle persone, è stato in ogni continente ed è un Mowgli contemporaneo che trova ricchezze nelle miniere sulfuree di Java, nelle giungle del Borneo o negli occhi dei Nativi americani passeggiando sulle orme di Incas ed Aztechi. Un uomo che, come tanti uomini, nel percorso di questa vita, si è offerto la possibilità di riflettere sul suo percorso e si prepara probabilmente ad intraprendere un'altra strada, ma non prima di aver girato quel tanto che basta per deciderne se non la meta, i mezzi di trasporto. E lo sta facendo con sei settimane a spasso per l'Indonesia, dalle foreste di Sumatra ai lucertoloni di Komodo, passando per i vulcani di Java e il tempo di gomma Balinese.
Come tutti gli incontri in un mondo casuale, un po' come nella sala d'attesa della stazione di Bologna, si fa tesoro delle chiacchiere scambiate, magari ci si trova su Facebook per continuare ad inseguire le avventure dell'uno e dell'altra, ma ci si saluta, consapevoli che non si sa quando ci si rincontrerà.
Si chiama vita ed è quella forza in grado di sorprenderti quando non le chiedi nulla.
Così, quando stamattina si è usciti alla ricerca di scuole di Yoga stakanoviste per combattere l'ozio degli ultimi giorni, l'ultima persona che ci aspettavamo di incontrare era proprio lui, che con il passaporto in mano cercava una soluzione per rinnovare il suo Visto per altri trenta giorni e poi partire verso altre isole indonesiane e dedicarsi ad un'altra delle sue passioni: il Diving.
In Grecia si crede che ogni cosa accadrà a suo tempo quando il Signore decide che il tempo è giusto. Io sono agnostica, non credo in alcuna religione, ma per superstizione ho imparato a non incaponirmi quando le mie giornate prendono una piega diversa da quella che mi aspettavo. Dopo aver dato a Sean uno strappo in scooter nel tentativo di reperire la nostra Visa Agent, insomma quelle persone che per una "mancetta" ti strigano le carte evitandoti infinite file all'ufficio immigrazione e trabocchetti per spillare più soldi a nomadi sprovveduti. Il viaggio verso la stanzetta di Elizabeth non è andato a buon fine così abbiamo deciso di fermarci a prendere un caffè in uno dei covi storici per Expat, Backpackers e nomadi di Ubud. E mentre si commentavano gli articoli degli ultimi giorni sul Default imminente della Russia, il panico da elezioni Elleniche che potrebbero mandare l'Eurozona con i piedi all'aria, di Amazon che investe in Robot anziché in persone e della differenza fra la crisi da abbondanza e da privazione, alla nostra lunga chiacchierata si è aggiunto un altro interlocutore. Una di quelle figure che in occidente stridono, con quei lunghi capelli bianchi e i pantaloni a zampa assolutamente senza marche a sovrastarlo.  England, US e Italia/Grecia che si siedono ad un tavolino a discutere di massimi sistemi per poi raggiungere alla conclusione, sorridendo, che i massimi sistemi non servono ad una cippa.
"La vita, semplicemente, accade. Non capisco le persone che pretendano di cambiare il mondo quando non cambiano nemmeno il loro Lifestyle se non le aggrada. Lo sai qual è la percentuale di persone infelici al mondo? Il 3%. Solo un dannato 3%. Tutti gli altri si lamentano, pensano a come sarebbe potuta essere la vita con dei finali alternativi, magari a volte lasciano trasudare una punta di frustrazione. Ma non sono infelici. Sono nella loro comfort zone. Anche lamentarsi li rende felici. Essere commiserati. Sentirsi dire: povero mi dispiace per te. Questo è quello che li rende felici. "
Detto da un mio coetaneo, mi sarebbe apparso un punto di vista assoluto, saccente ed arrogante. Ma quando questa frase di arriva da chi ha trascorso più di mezzo secolo su questa terra allora appoggi la schiena al muro e con calma ascolti. Si chiama Bobby e non ha assolutamente nulla del "guru", compresa la presunzione di esserlo. Proprio per questo ha conquistato tutta la mia attenzione.
"Ho trascorso anni a studiare le cause dei cambiamenti. Cosa farà decidere una persona che è ora di cambiare?
Ebbene, nulla come un pugno nello stomaco ti può fare la differenza. Il dolore è il meccanismo più forte che può dare una svolta alla mente umana. Hai mai visto nessuno lasciare una vita che lo rende felice per una che potenzialmente lo può rendere più felice?"

Cambiare idea è il lusso più grande che una persona si possa concedere.

Assumersi la totale responsabilità delle proprie azioni presenti e passate, digerirle e poi lasciarle andare nella dimensione a cui appartengono. Smettere di fissarci sulla meta, è il viaggio quello che conta. Alla meta, probabilmente non ci arriverai mai.
Quando si è deciso di andare a mangiare un boccone al Warung Javanese che fa i migliori noodles mai mangiati in città e costa un euro e cinquanta con the offerto dalla casa il nostro nuovo amico inglese sembrava un anima in pena: le sue disavventure burocratiche gli avevano fatto perdere il taxi ed il traghetto e si sarebbe trovato a rimanere un altro giorno ad Ubud. Ma guidato dalla fame di chi ha saltato la colazione nella speranza di trovare soluzioni ai suoi disguidi burocratici quasi a vuoto, ha accettato l'invito di seguirci in questa abbuffata rustica.
Cosa dicevano in Grecia? Beh, più che un Cristo che mi sovrasta guascone, preferisco figurarmi le Moire, con il loro ghigno beffardo, che come un ragnetto ci attirano nelle loro tele. Così, ho lasciato il mio nuovo amico Inglese intrattenersi in una conversazione piena di storie ed immagini con una donna Serba dagli occhi che brillano e sorridono, incontrata al Warung ed invitata al tavolo perché mangiare da soli è tempo perso.

Oggi sono arrivata in ufficio con la testa e la pancia piena, sorridente e grata come solo questa città sa farti sentire. Un bicchiere di infuso di Curcuma e mi sono messa al PC. Solo oggi, quando mi hanno guardato e alla sprovvista chiesto: ma quindi tu, sei Felice? Senza bisogno di pensare ho risposto: "N
on potrebbe essere altrimenti! Sono in un posto splendido, ho un lavoro che amo che cresce sempre di più e mi riempie di soddisfazioni, la possibilità di vivere in qualsiasi stato, in Italia, qui, in Canada o ad Ulan Bator, pochi affetti ma veri fino al midollo e una famiglia che anche se in apparenza siamo tutti spaiati insieme formiamo un puzzle perfetto. Cosa potrei volere di più dalla vita? "

Solo quando le parole ti escono spontaneamente di bocca diventano realtà. Capisci che te la sei cavata meglio di quanto credevi.

Il titolo non è mio, ma è stata la frase che mi ha fatto più pensare. Quando nella mia vita sentivo di essere in un vicolo cieco senza speranze, quando mi ero convinta di aver fallito. Questo video mi ha messa davanti allo specchio. E' stato il mio pugno nello stomaco.


Vuoi davvero aspettare di essere agli sgoccioli per guardare in faccia uno straniero e sorridendo dire e dirti che sei veramente, genuinamente, felice? 

martedì 16 dicembre 2014

Allacciate le cinture!

"Se non ti puoi permettere l'assicurazione, non ti puoi permettere il viaggio." Spadroneggia saccente la foto di una tizia ignota che già mi sta sulle palle per la sua affermazione assoluta ed estremista, sul sito WorldNomads.

Ma per quanto mi dia ai nervi l'idea di pagare "giusto nel caso che" e mi faccia percepire i granchietti nelle tasche, dopo un mese in giro per il mondo mi rendo conto che 'ndo vai se l'assicurazione non ce l'hai?
Quando decidi di fare il Nomade Digitale è tutto molto fico e ti illudi, magari in parte, di apprendere da qualche monaco o sciamano l'arte dell'autoterapia. Contaminata dalla pace della città-medicina cominci a credere alle capacità di controllare la tua salute con la tua mente e sussidi naturali quali frutta, verdura ed altre cose reperibili in Natura. Vero, vero assolutamente.
Ma cosa succede quando in questa situazione di estasi cosmica ultraterrena accade qualcosa che non avevi previsto?
E' stato il racconto di oggi di un "compagno di tastiera" di cui si era notata l'assenza nel Weekend. Ma si sa che nel weekend a Bali non si fa una mazza, tranne qualche stakanovista cammuffato con pantaloni hippies che quando tira tardi depistato dal progetto creativo, si spara qualche sabato in ufficio.
Ma non sempre, mica son venuta a Bali a fare la Meneghina, già mi stavano sui coglioni dove stanno!
Questa mattina si vedono spuntare un paio di stampelle, visuale inusuale in questo covo di nerd cibernetici. Il nostro collega, uscendo dall'ufficio venerdì, ha preso una curva con un po' troppa intraprendenza ed ha ben pensato, come donazione agli spiriti di Ubud di lasciarci la caviglia sinistra.
Shit Happens.
Soprattutto ai principianti che non sono stati svezzati nel traffico di Bombay, vivono in paesi con la densità media pari alle particelle di sodio in acqua lete dove il senso del dovere è direttamente proporzionale al senso della lagna dell'Italiano medio.
Ora come capiterebbe in ogni altro angolo del mondo arriva l'ambulanza e ti porta in ospedale, ma siccome sei una mozzarella occidentale piena di soldi come una damigiana ad Ottobre, ti portano in una clinica degna della tue aspettative , mica in un ospedalino rievocante Madre Teresa con i topi che ti saltellano allegri sotto il letto e non sei Cenerentola.
Sembra giusto: ve lo immaginate essere traghettati in uno di quei lazzaretti asiatici? Noi! Abituati alle nostre sfavillanti strutture ospedaliere. Si chiama ironia e chi ne ha se la ghigni pure.
Una volta in clinica i medici decidono che la tua caviglia è da operare. A quel punto che puoi fare? Mica ti metterai a fare il fricchettone hippie e ti porti uno sciamano Navajo reclutato via Facebook a curarti con infusi di Peyote!
Dici di si, a quegli Oompa Loompa che sanno di Menta e Disinfettante e non chiedi nemmeno il prezzo! Chi cacchio lo chiede il prezzo in ospedale! Prima la salute.
Vieni operato. Ti mettono a disposizione una stanza singola, hai un infermiera a disposizione tutto il giorno a lenirti le ferite e tenerti la manina mentre mandi a quel paese la cosmica pace interiore e piagnucoli come una femminuccia.
Dopo due giorni di coccole e sorrisi cordiali: Ta dan! Il conto sono quindici milioni di Rupie.
Tradotto, sono novecento euro.
Non so voi ma l'unica parola che mi è uscita è stata: Sticazzi!
In quel caso, avendo un'assicurazione medica internazionale, la spesa è stata a carico della succitata.
Morale della favola: quando avete intenzione di convertirvi da acaro della polvere ad Indiana Jones assicuratevi di farlo con tutte le tutele del caso. Personalmente consiglio Worldnomads internazionalmente riconosciuto, copre le principali cause di disagio e non a caso è consigliato dalla Lonely Planet. Ovviamente per i piccoli malanni come sfrisare un reef facendo Snorkeling senza muta, si ho incontrato gente con questo QI, oppure le pacche da surf e gli attacchi di diarrea i costi delle visite sono talmente irrisori che il gioco non vale la candela. Si chiama Franchigia ed è il modo delle assicurazioni di dirci: ma ci faccia il piacere! Quando vuoi il rimborso delle aspirine comprate in Cambogia. Mai partire per un viaggio senza le dovute precauzioni.  
Fermiamoci tuttavia un attimo a riflettere: novecento euro per un'operazione ad una caviglia in uno stato dove gli stipendi partono da 150 euro al mese e si mangia con un euro a pasto. Uhm. Per fortuna che gli indonesiani hanno l'assicurazione statale, dici.
E invece no, lo vedi che sei ignorante, nel senso che ignori?
La tanto criticata, odiata, maledetta e via dicendo sanità italiana è una delle pochissime imprese sanitarie che coprono INCONDIZIONATAMENTE i propri cittadini.
Oramai sono al terzo stato e francamente non ne ho ancora trovato uno che offra lo stesso servizio.
Sapete dunque cosa vuol dire?
Che un disoccupato trentenne che abita con mamma e papà se una sera che esce a bersi la mancetta con gli amici si schianta contro il palo della luce, quello schifoso, odiato e criticato ospedale italiano lo andrà a prendere con la sua ambulanza, lo porterà dentro, lo opererà, lo rimetterà in piedi e solo quando starà bene. E tutto questo pagando solo il ticket. Sapete quanto è costato a quell'ospedale tutto questo servizio? Vi assicuro, molto più del ticket che avete versato. Direte: ma come minimo! Ancora una volta la risposta parte dallo stomaco uscendone con un suono quasi gutturale: STICAZZI!
In Grecia, dagli anni pre-crisi, quelli del magna magna per intenderci, si ha diritto all'assicurazione sanitaria solo se si raggiunge una quota stabilita di contributi almeno ogni due anni. Sapete cosa vuol dire? Che se non vuoi pagarti il parto, l'appendicite  o il pediatra della figlia allora ogni tot di mesi muovi le chiappe e ti vai a trovare un lavoro.
E se non ce n'è? (si la non ce n'è, mica come da noi che continuiamo a parlare di sopravvivenza con il nostro smartphone in tasca, mentre siamo a cena con gli amici in trattoria, dopo l'aperitivo e prima della birra della staffa!)
Se non ce n'è paghi.
Se non ce li hai, allora ok, magari ti diamo il primo soccorso facendoci pagare il minimo, ma prega Dio di non ammalarti seriamente, altrimenti muori. Muori perché le cure vere costano.
Questo è signori e signore, come la maggior parte dei sistemi sanitari del mondo funzionano. Visti da vicino, senza leggere un titolo scioccante da condividere su Facebook.
E' vero, l'Italia non è la Svezia e tutto non funziona alla perfezione. Ma paghiamo molte meno tasse di loro ed invito chiunque a smentirmi con dati ufficiali alla mano. Anche perché, l'Italiano che si incazza perché i politici mangiano mica si incazza per l'ingiustizia, si incazza perché la torta a lui non arriva. E lo so che questa frase di fondo ti da ai nervi perché sai che è vera.
Tuttavia rendiamoci conto che non siamo messi poi così male.
Smettere di credere di rotolare nel baratro non potrà che dare la forza di cercare nuove soluzioni e nuove vie per costruirci una vita migliore. Credere di vivere nel fango ti fa vivere nel fango.
Svegliati e sorridi! 

Tutto il tempo che passerà fra il renderti conto che non sei felice e renderti felice credi ti verrà restituito?

Chiudo questo post con un messaggio personale: Mamma non ti preoccupare. Pago fior di quattrini di un'assicurazione internazionale che mi copre anche il tanto temuto rimpatrio della Salma.
Dormi sonni tranquilli: hai creato una figlia previdente.


lunedì 15 dicembre 2014

Are you still having fun?

Ogni mattina l'italiano medio si alza. Fa colazione, probabilmente con il latte e i galletti, muesli se è a dieta,
stitico o femmina. Parte per andare al lavoro che probabilmente prevede un connubio di semafori, metro prese sgranando rosari per i ritardi e/o scioperi e/o suicidi depressi per gli effetti collaterali del Natale, treni zozzissimi con le problematiche precedenti in cui si trova in piedi perché l'unico posto disponibile è vicino ad un Pakistano e ha come paura di essere contagiato chissà da cosa, corse per i marciapiedi scontrandosi cento volte senza mai dire la parola scusa ma pretendendo che lo facciano gli altri, arrivare in ufficio con i denti già stretti e lo stomaco contorto e così può avere inizio la giornata.
Si siede al PC dopo aver scambiato i soliti commenti sul WE lagnandosi del rincaro dei prezzi, del coniuge, della squadra o del tempo a seconda del collega. Apre il Browser con le pagine del lavoro e in background, navigazione anonima che lo fa sentire un membro in incognito del KGB, apre Facebook e gli altri social che segue.
So che in questo momento hai la rabbia e vorresti chiudere l'articolo perché ti riconosci in diversi di questi punti, alcuni addirittura in tutti. Ma allo stesso tempo continuerai, perché vuoi vedere dove sto andando a parare. Qual è il punto della situazione. Quindi ti rassicuri dicendoti: naaaaaah sono mica così io e vai avanti.
Arriva la tanto desiderata pausa pranzo e la passi sui social o su Whatsapp a commentare le cose che ha commentato prima del turno con i colleghi a seconda del mestiere. Chi ha una compagna/o esigente manda il classico messaggino per tenersela buona sennò comincia a rognare e chi la sente più. Quattro battute con il barman prima di tornare in ufficio e via. Fra il dire e il fare si sono fatte le quattro-cinque-sei… insomma l'orario per staccare. Riattraversa la stessa odissea della mattina, questa volta però senza energia, con il volto quasi rassegnato e grigiognolo che rappresenta ogni pendolare. Torna a casa, prende la sacca della palestra o la borsa di qualsiasi attività segua per calmarsi i nervi. Alle sette e mezza è con i piedi sotto il tavolo. Guarda i figli, sperando che facciano i bravi che per oggi ha avuto abbastanza. La compagna/o di vita che distaccatamente fa la lista delle spese/pendenze/Imprevisti/maestre/problemi etc.
Alle nove è in divano a fare zapping, ad imprecare contro il governo e a maledire l'abbonamento Sky, quasi mille canali e non c'è mai un cazzo da vedere.

Quello che avete appena letto potrebbe essere, in parte o in toto la vostra vita.
Quando la gente mi dice: ma quanto coraggio hai avuto a mettere in via una start up di questi tempi, a specializzarti a tue spese e a gestirla rifiutando il fast cash, ad aver preso un volo per l'altra parte del mondo, ad aver messo in discussione tutto, la mia risposta è : non è stato coraggio è stata onestà nei miei confronti quando mi sono resa conto che quel finale, proprio quello che leggete li su, poteva essere il mio.
Non sono un supereroe e ci sono arrivata molto più vicino di quanto voi stessi possiate immaginare.
A vivere questa vita, ci sarei potuta essere io.
E poi?
Poi è arrivato un giorno in cui mi sono resa conto che tutte le "cose" del mondo non mi avrebbero reso felice. Che i miei sogni erano fatti di un'altra materia, erano fatti di sguardi mai visti, lingue ancora sconosciute, strade mai camminate. Nella mia vita sono sempre stata, nonostante tutto, fortunata.
Non ho lasciato l'Italia per questo viaggio perché in Italia facevo la fame. Avevo una vita che mi piaceva. Ma non era abbastanza. Sono un'ingorda di vita, di sorrisi, di cose semplici ma diverse, di fotografie. Si sono un'ingorda di fotografie mentali. Me le sono venuta a prendere.


Ha veramente così senso, passare una vita lamentandosi della vita che si fa? 

Forse quest'anno ti meriti anche tu un sorriso da dentro per Natale. Cerca nello specchio vedrai che qualcuno te ne è rimasto. Quando li rispolveri poi, chi li rimette nel cassetto belli come sono.

Oggi è il primo giorno del resto della tua vita, cosa pensi di farne? 

mercoledì 10 dicembre 2014

Do the Bali Belly Dance

Che nome super dooper Cool! The Bali Belly. Così fico che non perdi nemmeno il tempo a cercare su Wikipedia di cosa si tratti esattamente. Ti immagini una tartaruga che germina spontaneamente sgominando la pancia da pasta fresca e focacce accumulata nel nebbioso nord Italia. Qui sono tutti dannatamente magri abbronzati e fichi, nessun colorito verdognolo a fare da sfondo ad occhiaie grigiastre. Ti chiedi quale sia il segreto della felicità e della bellezza di quelli che sono vistosamente qui da tempo. Poi ti basta passeggiare all'Ubud Market, fermarti a dei chioschi agghiaccianti per noi Italiani svezzati ad HACCP e polistirolo oppure andare nei patinati supermercati con impiegati pagati per darti il benvenuto e i ringraziamenti e li l'Epiphany. Senza aver abusato di Alcool e droghe puoi percepire divinità di cui ti curi meno di quelle casalinghe indicarti la strada fra una corsia e l'altra, fino a raggiungerla, lei, quello spettacolo della natura chiamato "Frutta Tropicale".
Un arcobaleno di colori e consistenze, forme bizzarre dai contenuti ancora più strani abituati alla nostra frutta dannatamente convenzionale e prevedibile. Qui no, anche il frutto più pittoresco può nascondere dolcissime sorprese.
Cominci così a spendere oltre il tuo budget in scorte settimanali di frutta da stivare nel frigo e cominci a farci svariati pasti al giorno al punto che, di cibo convenzionale ne consumi di meno. Ti vedi dimagrire ogni giorno senza sentire la fame e senza fare fatica, ti senti sempre meglio e quando ti guardi allo specchio dici WOW! Questa dev'essere la Bali Belly! Non sia mai che affronti una ricerca sul web, sei nella Città-Medicina da settimane oramai ti senti sempre più mistica e quello che banalmente in occidente chiamavi "sesto senso" qui lo battezzi "intuizione" e te ne riempi le tasche da brava mozzarella occidentale boriosa. Mona, in veneto si chiama mona, ed è quella tipologia umana che crede di saper tutto. E vabbè.
La tua vita procede serena in questo angolo di mondo che sempre più si avvicina alla tua concezione di paradiso, fai la salutista, un sacco di attività che aumentano il tuo benessere psicofisico, cerchi l'equilibrio, la connessione fra corpo e mente, l'intelligenza emotiva.
E poi, proprio nel bel mezzo della tua nuova condizione di Guru viaggiatore che tutto ha capito del mondo e della vita un fulmine ciel sereno. Anzi dei borbottii, paragonabili ai tuoni prima di un monsone. Ma che ne sai te dei monsoni, cresciuta nel clima temperato, dove dal tuono al temporale facevi in tempo a salutare, avviarti con calma, fermarti dal lurido per la birra della staffa e il panino salsiccia cipolla peperoni formaggio maionese, fumavi la cicca della buonanotte, tornavi ed iniziava a piovere che eri già sotto alla trapuntina.
Che cacchio ne vuoi sapere te dei monsoni? Mona, Mona, tre volte Mona! Direbbe Paolini.
Perché qui non sono solo le piogge a coglierti alle spalle alla vigliacca, con due gocce di preliminare come un amante adolescente e poi ti rovescia in testa diluvi degni di Noè. Gli stessi monsoni ti vivono nella pancia. Belly in Inglese. Sarà un caso, ti dici. Ed invece no. Un po' di innocui borbottii, poi tutto si fa scuro, visto dai tuoi occhi perché tu, intanto, stai passando tutti i colori dell'arcobaleno, dal bianco candido al verdognolo passando per l'indaco e poi Boom! Come un monsone, dimentica il mondo e l'equilibrio interiore, l'intelligenza emotiva e l'amore universale, la natura e tutto quello che ne consegue. Abbraccia la tazza che per le prossime 24-48 ore sarà la tua più stretta relazione, amica fidata e confidente, supporto fisico e liberazione. Si chiama Bali Belly. E' il tuo modo di "purgare" tutti i peccati di aver lasciato il caotico mondo occidentale in nome dei paradisi perduti.
Scientificamente il Bali Belly, altrimenti noto come Montezuma's Revenge e altri nomi superfichi non è altro che la Dissenteria del viaggiatore. Si mi accorgo che anche questo nome ha un qualcosa di "romantico" quindi provvedo ad essere più specifica.
All'interno del nostro corpo c'è un sistema fognario straordinariamente lungo ed efficiente, meglio delle cloache romane. Si chiama intestino. Li dentro esistono tanti e diversi batteri, ovvero tanti piccoli abitanti ognuno con il suo ruolo. Alcuni fanno gli spazzini. Altri fanno fuori i cattivi. Altri invece, sono quei classici rompicoglioni che se ne stanno in panchina ad aspettare il momento propizio per prendere il potere e mettere le budella sottosopra. Un po' i Leghisti dell'intestino, non si capisce bene a chi cazzo servano fino a fare abbastanza danni.
Di questi ce ne sono tante razze, una delle quali famosissima che tutti abbiamo sentito nominare. Escherichia Coli.
Così, quando tu, mozzarella occidentale abituata a bombe di carboidrati complessi e grassi idrogenati  torni ai cibi "poveri" e smetti di passare al tuo sistema peptico cibi controllati anche dal padreterno allora quei rompicoglioni dei batteri smollano la loro bisca di briscola e pouf, tu scopri che alla fine il bagno a cielo aperto è una figata e Life On Mars è un ottima colonna sonora quando rimpatrieranno la tua salma per aver cagato tutto il tuo sistema interiore.
A quel punto, fra un sudore freddo e l'altro, decidi che sei Mona abbastanza per aprire Wikipedia e dopo aver capito che sei vittima di una forma intestinale, cominci a scovare i rimedi adatti a questo male, che scopri fastidioso ma perfettamente curabile.
Allora da brava occidentale in Asia, devi scegliere fra la medicina tradizionale aggiungendo Dissenten come tuo secondo nome, oppure sperimentare qualche rimedio naturale visto che qui, si curano con le piante da secoli, e nonostante le condizioni precarie ci son più vecchi qui che a Cinisello Balsamo.
Allora apri Wikipedia, FINALMENTE, e scopri che quella frutta celestiale ti potrà aiutare ad uscire da questa prova, che probabilmente ti rincontrerà nel corso della tua vita da viaggiatore. In fin dei conti, i rischi di morire per ventiquattrore di diarrea sono meno che di trovare Javier Bardem che ti aspetta in vasca da bagno al tuo rientro, fra schiuma petali di rosa e candele e ti dice di aver trovato in te la donna della sua vita e Penelope starà bene dove sta.
Decidi allora di allargare il tuo gruppo di amici e di introdurre l'acqua di Cocco, se già non ne abusavi prima. Ottima per reidratare, dare energia anche dopo stremanti sedute grazie ai suoi naturali elettroliti e gastro protettore, che si sa, se la rete fognaria fa cilecca non è che i centri di smaltimento dei rifiuti godano di ottima salute.
Ti avvicini a Jack, Jackfruit, che con le sue alte concentrazioni di zuccheri ti rimette in piedi in fretta e protegge le mucose del colon, rompendo i coglioni a quei rompicoglioni di batteri. Ma con cautela, che un po' lassativo lo è.
Abbracci Papaya, dolce e buona, rassicurante, che cura i tuoi mali e calma i tuoi spasmi.
Ma soprattutto adori e diventi amicissimo di Snake Fruit, il Serpente buono. Pensare che quando l'hai visto la prima volta hai pensato WOW questo si che è un nome azzeccato! Qualcuno ha preso un Crotalo Diamantino,  lo ha modellato a forma di castagna obesa e lo ha appeso ad un albero. Poi te lo fanno assaggiare e li non capisci se stai mangiando aglio dolce, per la forma o una saponetta per la consistenza. Ma è buono! E così lo compri e non te lo fai mancare. E per fortuna perché è un potente anti-dissenterico e senza troppa chimica tieni tutto. Per fortuna che ne hai almeno mezzo chilo in frigo.
Il frutto del drago fa bene, ma ha la mania di tingere tutto di fuchsia e alla fine se perfino Hitchcock ha preferito girare Psycho in B/N per non rendere l'immagine rude, chi sono io per aggravare la situazione con una pennellata technicolor!
Poi ti ricordi i vecchi trucchi delle mamme per i virus intestinali: acqua e the zuccherato senza sosta, pasti leggeri e frequenti, riposo quando serve  e pazienza.

Ho scritto quest'articolo perché nel mondo in cui vivevo qualsiasi cosa, dall'influenza al raffreddore passando per la bronchite è vissuta come gli ultimi giorni sulla terra. Ansia e paura, farmaci come caramelle e medici che diventano improvvisamente la linea amica.
Ci sono patologie gravi è vero. Ma quando ci becchiamo qualche screzio di madre natura, riderci su è la migliore medicina. Non lo cura, ve lo assicuro, ma qualche risate fra un attacco di diarrea e l'altro la fa passare più in fretta.
Impariamo a sorridere anche delle piccole  malattie.
Diceva il buon Epicuro nel suo tetrafarmaco: Non devi temere il male perché se è insostenibile durerà poco e porterà a morte. Se è sostenibile passerà.

Allora sorridi e lascia andare, che quando ti riprendi la vita è piena di sorprese. 

sabato 6 dicembre 2014

Non si ricomincia, si rinasce: Pensieri alternativi sotto un tetto di Bamboo mentre il Natale si avvicina.

O è Natale tutti i giorni non è Natale mai.
Paradossalmente, qui riesce ad essere entrambe le cose.
Per la prima volta in questo passaggio terreno chiamato vita, non ci sono attorno a me alberi arredati (anche perché vorrei vedere chi cacchio s'arrampica per cinque metri su di una palma per attaccarci due palline!) non si sentono canti di natale nei negozi, litigo quotidianamente con le zanzare e quando i monsoni si fanno vivi solo di notte sudo come un maiale e faccio almeno due docce al giorno.
Non essendo obbligata a "subire" il Natale, posso finalmente spendere qualche pensiero sul natale, secondo Charlie Man.
I Natali più belli che ricordi erano quelli da bambina quando si facevano gigantesche tavolate degne di una festa paesana a casa di Nonna, i parenti sparsi per la penisola italica si riunivano e i bambini venivano rilasciati senza briglie a giocare dalla mattina alla sera. Quando mi chiedo qual è la prima cosa che mi ricordo del Natale, è mia Zia che raschia la teglia del pasticcio perché a lei piacciono le croste e il bruciacchiato. E li capisco che con il DNA c'è poco da fare. I Natali di allora erano semplici, ma appunto per questo dannatamente speciali. Nel corso di un anno si ricevevano due regali grossi, uno per il compleanno e uno a Natale, essendo io di Maggio mi andava anche bene uno ogni sei mesi giusto giusto. Poi c'era la cioccolata calda fuori dalla chiesa, il presepe della Nonna da mettere sotto sopra, i pandori e i panettoni, le lasagne… Un tripudio di trigliceridi che manco un orso prima del letargo. Ma è Natale, siamo tutti più buoni, soprattutto con noi stessi.
Quando si comincia a crescere il Natale cambia.
Nei primi anni quel "Natale con i tuoi" ha come riflesso incondizionato la frase: "Cheppalle!". Vorresti catapultarti in un mondo senza impegni festivi, dove puoi passare il giorno di Natale su di un letto a smaltire la sbronza della vigilia, lo stesso per Capodanno. La befana no, li ormai sei alla frutta e così sia.
Oggi il Natale, che io vedo nella maggior parte dei volti, non mi soddisfa più. Regali regali regali, stress da regali, stress da soldi che non ci sono per comprare i regali, delusione quando il regalo che hai fatto è di un livello socioantropologicoculturaleconomico maggiore di quello che hai ricevuto (attenzione: soprattutto fra coppie appena formate hai la stessa percentuale di rischio rottura delle vacanze con gli amici ad Ibiza.) chili da smaltire prima, per far spazio ai chili presi dopo e poi lagnarsi fino a carnevale dei chili presi, prenderne ancora a suon di chiacchiere e frittelle, poi lagnarsi fino a Pasqua, prenderne ancora a suon di colombe e capretti per poi non avere più scuse e spendere più soldi in Herbalife e Pesoforma che Birre il venerdì sera.
Peccato che, nonostante il mio rimarcato agnosticismo, per me almeno una volta l'anno si potrebbe usare il Natale, come una scusa, per essere un po' meno egoisti. Come quando si sfrutta la quaresima nella speranza di perdere qualche etto.
Così quest'anno, in totale assenza di spirito natalizio raffigurato come da tradizione ho deciso di affrontarlo sull'onda della cosmica gratitudine che quest'isola e divinità ignote mi portano.
Quest'anno per Natale non spero in alcun regalo. Ho già ricevuto dalla vita più di quanto potessi in alcun modo desiderare e non c'è nulla al mondo che potrei volere più che essere me stessa e fare la vita che faccio.
Negli ultimi anni della mia vita ci sono stati momenti in cui ho creduto di aver fallito. Di aver perso tutto. Addirittura e credo sia la sensazione peggiore al mondo, di aver perso totalmente  il controllo della mia  testa.  In questi anni ci sono state volte in cui ho aperto gli occhi la mattina, delusa e spaventata, e tutto quello che avrei voluto fare sarebbe stato avere abbastanza sonno da non aprirli più. In questi anni ho ferito.
In questi anni sono stata ferita, più di quanto avrei creduto ed ogni volta che ho creduto di toccare il fondo ci stavo ben lontano.
Oggi penso a tutto quello che è passato e mi sento un'idiota.
Tutto quel tempo perso, con la faccia al muro e la paura in groppa ad attendere che i nodi si strighino, che qualcuno mostri la strada, un segno, una dritta. E invece ti rendi conto che la strada te la devi costruire da te, mattoncino dopo mattoncino, sotto la pioggia e sotto il sole cocente, a volte in compagnia ma spesso solo. Impari che come tutti i lavori del mondo, anche costruirsi una vita viene meglio quando impari a sorridere e riderci su.
Fai i conti con una verità che fa male: nella vita non si ricomincia, si continua. Con tutte le cicatrici, i segni e le conseguenze delle botte prese. Diventi sempre più minimalista, in casa come con le persone e ti ricordi spesso di far spazio sulle mensole lasciando andare le cose inutili, che fanno polvere e basta.
Scopri i piccoli piaceri della vita, quelli gratis, come ballare in cucina mentre prepari una cena dopo una lunga giornata di lavoro o riconoscere nelle persone che incontri molecole simili alle tue che te le fanno entrare nelle ossa e diventano parte di un microcosmo che vive dentro e fuori di te.
E' vero nella vita non si ricomincia, mai.  Ma si rinasce.
Si impara a sorridere di nuovo e si scopre come guardare il mondo con occhi nuovi. Non è mai troppo tardi per scoprire nuovi muscoli facciali con un sorriso. Non è mai troppo tardi per sentire qualche battito impazzito in più. Per imparare qualcosa di nuovo o fare qualcosa per la prima volta.
Sta arrivando Natale e quest'anno non chiedo nulla. Ho più di quanto avrei mai potuto desiderare. Sono una delle persone più ricche che conosca.

Perché uno in questo mondo ricco ci nasce e loro sono il motivo per cui, comunque sia e ovunque sia, sono una delle persone più ricche che conosco. 

venerdì 5 dicembre 2014

Pensi ancora di fare il lavoro peggiore al mondo?

Questa mattina, approfittando del primo giorno senza monsone ma solo qualche miserrima goccia che ha amplificato tragicamente la cappa di calore, si è deciso di prendere del tempo per fare quattro passi a caccia di case all'interno delle risaie.
Si, una casa c'è già ed è carinissima e super servita. Ma se c'è un lusso che un nomade digitale si toglie con estrema gioia è quello, una volta costruito il primo network di conoscenze e avendo capito come non farsi inchiappettare, di cambiare casa quando gli pare e piace.
Dopo quasi un mese qui, si è dunque deciso che, spostandosi verso le risaie, rinunciando alla comodità del parcheggio per lo scooter davanti alla porta e camminare in dei sentieri impervi che da ubriachi potrebbero diventare una vera e propria gara di equilibrio prima di collassare in un acquitrino e barattandola con un concerto di grilli la notte e nulla più si può ottenere una casa più grande, con giardino più grande e finalmente, il tempio della meditazione! Così, dopo aver ricevuto la spesa di frutta direttamente a casa da fattorie organic ed aver scoperto un nuovo amore chiamato Jackfruit, ci siamo avviati in questi tortuosi fili da equilibristi, volgarmente battezzati Penestanan.
Dovete capire che quello che per noi è uno spettacolo: vivere in mezzo alle risaie, che nei periodi in cui non sono seminate sono veri e propri stagni, per i locali dev'essere una benemerita idiozia. Ma nel nome della naturale buonafede induista (noi lo chiamiamo Marketing) se una cosa vende, il prezzo si innalza e Boom! Penestanan è diventata la zona Boho di Ubud, che è la zona Boho di Bali che è la zona Boho dell'Asia. Minchia, mi sento già in sintonia con l'universo.
Attualmente Penestanan è il covo degli Expat, quel branco di Hippies che non rinunciano ovviamente alla piscina ed altri comfort (e perché mai quando me lo posso permettere?) alla donna delle pulizie, al giardinere e quant'altro quest'isola offra per farti sentire più Cozy possibile.
In realtà, avere la possibilità di traslocare in un ora e di vivere in un sacco di case per me è come sguinzagliarmi in pasticceria, di notte, senza camere di sorveglianza e dato che vivo ad Ubud, come negarmi un mesetto a Penestanan, magari ci trovo anche il magic deal che mi renderà fedele ad un Estia per i prossimi mesi.
Tuttavia, assorta in questi pensieri, apparentemente culturalmente elevati ma sostanzialmente inconsistenti quasi quanto le persone che si vestono di questo e di qualsiasi status, queste tre donne mi sono passate davanti.
Sono costruttrici, muratori praticamente. Quelle di cui parlavo in qualche articolo fa, di cui mi hanno sconvolto i sorrisi nonostante fossero vestite di stracci, stanche e cariche come i muli.
La prima cosa che potrete notare incontrandole è che portano pesi enormi sulla testa. All'inizio dici WOW! Questi stanno fuori! Poi pensi e ti rendi conto di quanto più naturale sia come atteggiamento. le formiche, portano cinquanta volte il loro peso. Non lo portano certo in spalla. Questo perché in questo modo tutto il peso viene ridistribuito correttamente e le uniche doti di cui DEVI disporre per trasportare questi pesi per vicoli strettissimi (quello della foto è uno dei più larghi) è un ottimo baricentro.
La seconda è stata: e tu, in tutta la tua carriera, hai davvero pensato di fare il lavoro peggiore al mondo?
Improvvisamente tutto si è fatto chiaro e come tante altre volte, in quest'isola, mi sono beccata la mia legnata sui denti  ipotetica. Ho sorriso, contenta di essere nata in un paese che mi ha permesso di essere quella che voglio, anche sbagliando. Grata di aver potuto cambiar vita ogni volta che ne ho sentito la necessità. Serena di avere la possibilità di vedere il mondo, una vita all'altezza delle mie aspettative anzi molto di più e soprattutto la libertà di pensieri frivoli da occidentale che volteggia fra uno status e l'altro, con un conto pieno a fine mese che si può permettere quello che vuole ed anche di più.

Respira, se stai leggendo questo respira e sii felice. Ne hai diritto. Godine a pieni polmoni. Poteva andarti molto molto peggio.

mercoledì 3 dicembre 2014

L'arte di vivere (e sorridere) sotto la pioggia

La chiamano stagione delle piogge, un motivo ci sarà.
Infatti dalle giornate di caldo torrido dove ti seccavi come un pomodorino al sole si è passato a ricevere secchiate d'acqua in testa senza preavviso.
Tropici, che ci vuoi fare?
Non  era necessario venire dall'altra parte del mondo per comprendere quanto è vera la frase: El tempo el Cueo e i Siori fa queo che i voi iori. (trad per i non veneti: il tempo, il sedere e i signori, fanno quello che vogliono.)
C'è una cosa che però ho imparato da questo popolo dalle mille speziatissime contraddizioni: non hai bisogno del sole per avere una giornata di luce.
Tutti qui si muovono con mantelle, o giacche impermeabili, tenute sotto la sella. Dopo i primi tuoni vicini ti infili il tutto et voilà: sei pronto a ripartire. Anche perché ammettiamocelo: essere delle mozzarelle orientali ha i suoi lati positivi di cui uno importantissimo è non essere costretti a lavorare portando cestoni di ghiaia e sabbia sotto la pioggia, raccogliere il riso oppure costruire nuove case per nuovi arrivi.
Ma sapete qual'è la cosa che più ti sorprende? Che questi piccoli infaticabili lavoratori non smettono di sorridere. A volte mi chiedo se dietro a quel sorriso avorio si nasconda una rabbia camuffata, verso l'umanità o il mondo o il loro pantheon. Ma in realtà continuo a credere che dietro quel sorriso si nasconda l'eterna gratitudine di chi sa continuare la propria giornata sotto la pioggia con la  stessa serenità di chi vive sotto il sole.
E noi ci ostiniamo ad aspettare il sole per sorridere, l'estate per metterci in forma, Natale per fare i regali, l'inverno per ingrassare e smettere di fare la ceretta, l'età giusta per innamorarci, il giusto livello di estratto conto per mettere su famiglia. Passiamo la vita in un'eterna sala d'attesa, curiosi ed eccitati per il prossimo step senza goderci l'attuale. Ciondoliamo fra un futuro idealmente perfetto ed un passato nostalgicamente irripetibile, dimenticandoci del presente.
Peccato che di tutte queste sfere temporali, l'unica ad appartenerci veramente, sia il presente.

E' la mia terza settimana ad Ubud, quarta in giro per il mondo. Oramai pratico Yoga fra le 2 e le 3 volte a settimana. Ho trovato un piccolo angolino in mezzo alle risaie, una scuola senza "status" o pretese, proprio come me. Ho un'insegnante splendida, una folle alla faccia dei nostri simili ex-manager statunitense, che quattro anni e mezzo fa accorgendosi di essere "sposata" alla sua carriera si è presa un periodo di "pausa" che l'ha portata su quest'isola. Ora insegna Yoga, ha una bambina di tre anni e mezzo e un altro in arrivo.E' una delle donne più serene e belle che abbia mai conosciuto in vita mia. Ed è la prova, insieme a molte altre persone incontrate qui, che non esiste una sola via per la felicità. Ognuno deve trovare la sua, quella costruita sulle sue aspettative, quella in grado di offrire la vita che almeno nel periodo della vita in cui uno si trova, possa offrire quello di cui realmente si ha bisogno.

Essere felici dilata la vita che si ha. Allunga le giornate ed ogni momento va assaporato e condiviso, dalla lezione di Yoga dove ti rendi conto che lentamente stai riprendendo l'elasticità smarrita, a quella di Contact a cui stai per andare dopo anni senza praticare.
Ti muovi perché lo puoi fare e ne sei dannatamente felice. Cominci a percepire profondità dei respiri, ti ricordi la sensazione del piede che tocca il pavimento di legno.
Le mie giornate sono piene di vita e di attività perché ho smesso di aspettare il momento giusto. Oggi è il momento giusto, qui è il momento giusto.

Il mondo è troppo grande per scegliere l'infelicità.

martedì 2 dicembre 2014

Tutto quello che un occidentale deve sapere su Ubud per evitarsi crisi di nervi

I miei primi articoli possono avervi presentato un piccolo paradiso terrestre perché questa è Ubud per me. In questa città ho trovato delle corde che vibrano secondo i miei accordi interiori e per me è inevitabile descrivere le mie giornate qui con quel senso di eccitato relax che solo in quest'isola non è paradossale.
Tuttavia mi sembra corretto, dall'alto della mia brutale sincerità, presentarvi qui la lista delle cose di Ubud che dovreste sapere prima di farne un sogno della vostra vita.

Taxi, Massage... 
La prima cosa da sapere per sopravvivere a quattro passi dal centro di Ubud è sorridere alla gente che da ogni angolo della strada vi proporrà qualsiasi cosa. Qui è tutto un mercato a cielo aperto e dietro ad i meravigliosi caldi sorrisi dei locali si nasconde ovviamente la chance di aggrapparvi come cliente e di portarvi all'interno della loro struttura. Sono molto meno aggressivi di quelli che troverete in siti più "turistici" come il monte Batur, dove siamo stati letteralmente rincorsi ed era impossibile scambiare due parole senza essere interrotti da venditori di tutti i generi. Ad Ubud e in Asia in genere, un sorriso vi farà fare molta più strada di un muso lungo e di tutta la retorica del mondo. Sorridete e ringraziate, proprio come fanno loro. Nessuno vi lancerà una macumba come le zingare degli horror, sicuramente non se dimostrate un minimo di apertura. Infondo gli ospiti siamo noi e come pretendiamo che gli altri si adattino alla nostra realtà è giusto adattarci alla loro e portare rispetto.

Come on Barbie let's go Party.
Se vi immaginate folli nottate alcoliche in lungo mare, rave infiniti, sesso droga e rock 'n roll, ripensateci! Ubud, innanzitutto non è sulla spiaggia e non popola di surfisti biondi e tartarugati,
solitamente dotati di un cervello dalla grandezza e peso di un anacardio. Se questa è la mercanzia e il lifestyle che ricercate, non avete che da spostarvi verso la riva, fra Kuta, Seminiyak ed addirittura Uluwatu troverete una vastissima fauna ad accogliervi. In tutti i sensi.
Ubud è il centro culturale di Bali, dove si sono incagliati hippie, boho ed intellettuali di ogni generazione e tipologia. I drink che vanno per la maggiore sono bibitoni di frutta erbe e tutto ciò che fa bene, l'occhio vitreo è dato da anni di training di cazzeggio fra un cafè e l'altro e i discorsi sulla diseguaglianza si sprecano, nonostante dietro alcuni di loro si nascondano discreti colonizzatori.
Se arrivate ad Ubud, scrollate di dosso ogni pregiudizio, mettetevi i vostri Yoga pants ed infilatevi ad ogni corso esistente oppure perdete lo sguardo nelle risaie, sorseggiando un divino succo di mango leggendo qualche libro dalle forti valenze introspettive. E se vi ostinate a cercare il manzo di turno, sarete piacevolmente sorpresa da hippies di variegate provenienze, usi e costumi.
Siate però preparate, ad entrare nella logica comunitaria dell'amore globale: non potrete pretendere di limitare la libertà espressiva del suo membro con un innaturale amore monogamico.
Take it like it is.

Ci sono gli insetti!
Quanta Magia. La ricerca di se', viaggi spirituali guidati da ore di meditazione, percussioni esotiche, Danze Esoteriche, Yoga, Tai Chi, Reiki... Presa dal mood del posto hai deciso di andare ad abitare fra la giungla e le risaie. Torni a casa la sera, dopo aver mangiato il tuo Tempeh e mango ed aver spento tutto con un bibitone disintossicante ayurvedico al tamarindo e UAH! In casa ti aspetta un ragno delle dimensioni di un Oreo, in cucina formiche di tutti i colori e misure ti stanno sbranando tutto quello che hai dimenticato di sigillare ermeticamente e le scimmie ti hanno rubato la merenda. Che vita grama!
Veramente, cosa ti aspettavi: una connessione con la natura part time? Hai preso il bagno e la cucina all'aperto e poi ti fa senso il gecko che ti tiene compagnia durante la pipì notturna?
Forse la prossima volta dovresti rivedere la tua meta e mettere a fuoco meglio il significato della parola "rurale". Wikipedia ti può essere di estremo aiuto.

Bitch on Heels!
Sia che il tuo viaggio sia lungo sia che sia corto le tue bellissime scarpe col tacco pitonate e le zeppone con cui hai passato l'estate in villaggio saranno qui fonte di estremo dolore e difficoltà.
Come fare la corsa campestre con i trampoli: si può fare, ma perché non essere, almeno in parte, gentili con se' stessi?
Quando vedo queste moderne Grace Kelly incastrarsi sui marciapiedi sconnessi o inciampare ripetutamente mi sorge un sorriso. Viaggiate leggero, riempite la vostra valigia di cose che vi copriranno e vi eviteranno ustioni per evitare di avere la schiena da crotalo diamantino sotto muta come la sottoscritta. Il resto lo troverete qui! C'è l'imbarazzo della scelta.

Contrattare o non contrattare.
Si il venditore vi sta vendendo notevolmente sovrapprezzo qualsiasi cosa siate in procinto di comprare, dalla frutta all'abbigliamento passando per il taxi che vi porterà in giro.
Il mio consiglio è di seguire i gruppi e i blog degli expat, che vi sapranno dare un indicativo dei costi reali della merce e dei servizi, da li in poi è a vostra completa discrezione. Soprattutto in bassa stagione potrete buttare i prezzi giù oltre il 50% in negozietti e bancarelle e più comprate meno vi faranno pagare. Ma prima di ottenere il prezzo imbarazzante per quanto è basso, chiedetevi: vale veramente la pena? A voi quei due o tre euro di differenza non cambiano la giornata, al venditore sicuramente si. Contrattate e divertitevi a farlo, ma con un minimo di umanità. Se a dirvelo è una mezza greca...

I Shot the Sheriff.
Cantava il buon vecchio Bob. In realtà Bali, pur essendo questo piccolo paradiso, dispone di una corruzione ad ogni singolo livello, iniziando proprio dai posti di blocco degli agenti. Vi fermeranno, nonostante voi abbiate il casco, sia allacciato, avete pagato la conversione della  patente internazionale e a vostro fianco scorrazzino locali che si spostano in quattro su uno scooter, di cui due bambini, tutti senza casco e probabilmente trasportando complementi d'arredo. Si, fermeranno voi perché siete una fottuta mozzarella bianca ripiena di Rupie. E faranno di tutto per fingere di darvi una multa.
Sono a casa loro, e a casa loro fanno quello che vogliono (Leghisti: essere dall'altra parte non è più così fico vero?)
Volete davvero fare i Quijote della situazione, voi, che provenite da uno stato con i livelli più alti di corruzione in tutto il mondo, in tutti i settori, a tutti i livelli, qui? Allora mettete in valigia un costume da Sailor Moon e divertitevi a fare i paladini della legge. Qui a Bali si risolve con una mancia fra i tre e i sei euro, ed un sorriso. Ricordate cosa vi dicevo prima del sorriso? Vi chiederanno da dove siete e forse dove andate. Non percepitela subito come invadenza. Considerate che siete infiltrati in un piccolo mondo che esiste come le sfere di Natale, quelle che uno gira e scende la neve. La nostra presenza porta benessere, ma li destabilizza. Sorridete, lasciate una piccola mancia e vedetela come una buona azione. Il più ricco di Bali forse non ha la casa che ha un impiegato italiano.
Se proprio non riuscite a sopportare l'ingiustizia, rivalutate la destinazione, ma anche il paese in cui vivete. Non siamo svedesi per poterci permettere di usare un metro per noi e per gli altri.

Io mi prendo la responsabilità dell'energia che porto in questo posto.
Anche se non siete ad una lezione di yoga, fareste bene ad applicare questa massima alla vostra "vita Balinese". Vi consiglio addirittura di mettervela in tasca e riportarvela a casa, come il souvenir più prezioso dell'Asia. Smettete di aspettare. Sorridete. Siate ottimisti. Aperti. In grado di accettare un punto di vista diverso. Provate cose che non avete mai fatto, lanciatevi in nuove avventure. Ricambiate i sorrisi che vi regalano per strada ed intrattenetevi in una chiacchierata con chi attacca bottone.
Non sapete mai quale sarà la prossima lezione.
Ma c'è una cosa che queste tre settimane e i precedenti trentun anni di vita mi hanno insegnato: quando si butta la spazzatura e si fa spazio allora l'universo trova il modo per entrare e BUM! è così che la magia ha inizio.

Non partite per Ubud con il cuore e la mente chiusi. Se non riuscite ad aprirvi cambiate meta ci sono molti luoghi a questo mondo dove ad una cifra ottimale celebreranno il vostro Ego all'altezza delle vostre aspettative.
Ma ad Ubud  se non venite per ricevere, non veniteci proprio. Le ricchezze che offre sono invisibili agli occhi.