martedì 21 luglio 2015

You can't hurry Rome

La chiamano la città eterna. Quel posto a cui tutte le strade portano. Un museo a cielo aperto. La nostra storia incastonata nei marciapiedi dove i tacchi si incastrano tragicamente. 
Eppure Roma è molto di più. 
La vera magia di questo posto non si nasconde dentro le sue oggettive meraviglie di cui poeti, romanzieri e pittori hanno immortalato istanti indimenticabili. 
Roma ti ticchetta dentro come un orologio da taschino nella tasca di un coniglio bianco che sta per entrare fra le fronde di un vecchio albero, vive nelle voci non modulate dei venditori che con la stessa tecnica dagli anni ’60 ad oggi chiamano turisti, si impregna ai vestiti con i suoi mille profumi diversi da quartiere a quartiere. 
E poi ci sono loro: l’Italia con il sole dentro. 
Ogni mio viaggio a Roma mi fa rivalutare il popolo di cui non sento la mancanza quando vivo dall’altra parte del mondo. Vivere al Nord ti abitua al freddo, all’impersonalità, all’individualismo. 
Il Nord è posh e Glitterato come solo la sua capitale, scintillante come poche città del sud Europa sa essere. Impiegate a tutto sesto che emulano modelle anoressiche sorseggiando con un sorriso amareggiato un insulso centrifugato di frutta in pausa pranzo. Cocktails di ansiolitici e vodka per aperitivo. Una piccola Manhattan del vecchio continente. 
Ma Roma no. 
Roma non mente attraverso gli occhi di chi la vive ed offre ad ogni passante un sorriso sincero. 
Non risparmia mai sentimenti, volume o calorie. 
Nel cuore dell’Europa del sud è impossibile non innamorarsi. Di una Statua d’altri tempi, di un piatto di bucatini del colore delle ciliegie più mature, delle sue infinite scale, dei bambini che si tuffano nelle fontane a luglio, dei “nasoni” che offrono acqua fresca senza far domande, delle stesse canzoni che rimbalzano da portico a muro da almeno tre generazioni, delle tovaglie scozzesi e delle fraschette, di ogni singola storia nascosta fra un vicolo e l’altro. 
Come l’amore, Roma non può andare di fretta. Devi prendere il tuo tempo e perderti nella sua dimensione dilatata. Crogiolarsi nel “dolce far niente” che rappresenta questa terra di bellezza e piaceri. 
Che nemmeno la Crisi, il terrorismo mediatico e i cicloni tropicali sono stati in grado di imbruttire. 
Se state per partire per Roma mettete nello zaino un pezzo di cuore ed una taglia in più. Il primo lo lascerete nel vostro angolo preferito. La seconda vi servirà per portare tutto a casa. 

Supponendo che Roma non diventi un po’ casa anche per voi.  

lunedì 29 giugno 2015

Cosa accade nella vita delle persone quando sono offline.

Long time no speak.
Credo di dovervi delle scuse, visto che in questi mesi di silenzio il mio blog è stato continuativamente visitato e cliccato. Persa nel mondo reale, quello dei cibi e dei profumi che si amplificano alle frontiere fra più stati, mi sono assolutamente persa puntate nel mondo virtuale.
Ma siccome questo piccolo angolo di paradiso tutto mio ha motivo di esistere, vediamo di aggiornare il database di Charlie Man, raccontandovi a diapositive cosa fa Charlie Man quando passa meno tempo connessa.







Passeggia fra Templi di diverse religioni: 
So che sembra un passatempo bislacco per un'agnostica in cerca di un mondo spirituale che l'aiuti a capire il senso dell'esistenza, eppure passeggiare fra templi di ogni credo religioso mi infonde un immenso senso di pace. Anche in questi assurdi tempi di ordinaria follia, dove l'umanità si lascia scivolare addosso i valori della vita in cerca di quelli di un conto corrente, trovare qualcuno che prega è per me fonte di enorme pace è tranquillità e rimpingua in breve tutta la fiducia che il resto degli umani mi fanno passare con i loro superficiali atteggiamenti.
Così non solo sono stata in templi Hindu ad assistere a cerimonie di purificazioni di statue con il latte, nel Tempio Buddhista più grande al mondo a Java e nei Tempi Buddhisti-Cinesi di KL, ma ho trascorso addirittura il giorno del mio compleanno passeggiando al fianco di un immenso Buddha dorato, che con il suo sguardo beato non mi ha dato la benché minima risposta sul senso della vita, eppure il suono delle campane suonate dai suoi fedeli qualche domanda in più me l'ha fatta porre. E nulla mi spaventa di più di avere una vita senza nuovi quesiti o nuove sfide.



Lavora, spesso senza sosta per giorni! 
Si, questa sono proprio io. Proprio come ora, con il mio Mac, i miei occhialoni da hipster del cazzo, 47 finestre aperte con corrispettivi 32 tab per una, la radio online di Itunes che passa Jazz di altri tempi e via!
Si, lo so che per voi nel vostro ufficio di compensato grigio topo, io appartengo alla categoria "fancazzisti" che prima o poi sbatterano il muso contro la realtà e torneranno a guardarsi in giro per un lavoro serio. Eppure, signore e signori, spesso ciò che sembra non è ciò che credete.
Sette mesi in Asia e il mio piccolo Business è cresciuto.
Sono cresciuti i miei clienti, sono cresciuta io e ad oggi mi trovo a gestire situazioni che non avrei nemmeno mai immaginato, clienti importanti e a collaborare con uno staff straordinario di sognatori e viaggiatori, che pur vivendo nel loro modo preferito riescono ad essere comunque fra i migliori professionisti che abbia mai incontrato. Ebbene si: ad un anno e mezzo dal giorno che è nata la mia impresina non è solo sostenibile, ma in espansione, sto seguendo altri due progetti che partiranno entro la fine del  2015 e spesso le mie giornate lavorative corrispondono alle giornate solari. Eppure non c'è lusso più grande di vivere la vita che si vuole, mantenendola con un lavoro che si ama.

Passa il suo tempo libero in modo costruttivo. 

Chi non legge vive una vita sola, secondo S.Agostino. Per quanto i filosofi cattolici risveglino in me irritazioni cutanee degne di un'intossicazione alimentare, questa volta tolgo il cappello ed incasso l'assist di un uomo che forse in qualcosa ci ha azzeccato.
Dedicare il tempo libero a qualcosa che si ama veramente è fondamentale per riuscire poi ad ottenere il massimo della concentrazione nei momenti in cui si affrontano i momenti più noiosi del lavoro (ebbene si, anche il lavoro dei sogni ha quelle cose da sbrigare per cui non vedi l'ora di assumere qualcuno che le faccia in tua vece!)
Ma una delle mie doti più rimarcate è sempre stata trovare il lato positivo anche in queste piccole cose, e crescendo ho scoperto il modo per ottimizzare non solo il tempo alla scrivania ma anche quello nel balè che guarda il verde scintillante della risaia. Nulla c'è di più prezioso del "Me Time".


Si ammala!
Purtroppo non ho ancora trovato il segreto della salute eterna, per cui anch'io come tutti in questo lungo "inverno" tropicale, mi sono ammalata qualche volta. A parte il sospetto della tanto temuta Dengue, fortunatamente sventata, il resto delle mie patologie sono state dei fastidiosissimi raffreddori presi a bordo dello scooter in seguito ad una torrenziale pioggia monsonica ed una sinusite durata ben una luna regalata dall'escursione termica fra i 38-40 gradi Thai e i 19 dei mini market, bar e caffè cittadini.
Non vi preoccupate: sono la prova che anche in questi paesi apparentemente in via di sviluppo si possono trovare dei medici in grado di prescrivere l'antibiotico giusto e non si muore, nemmeno qui, di raffreddore o infezioni lievi.
In ogni caso una buona assicurazione medica è una manna dal cielo e non va assolutamente sacrificata affidandosi al caso, al Karma, ad altre filosofie lontane dal nostro modo di pensare.

 Ha passato del tempo con i suoi esseri viventi preferiti. 
La vita di una nomade contemporanea ha molti lati positivi. Uno dei miei preferiti è l'inutilità di mantenere una maschera con le persone. Nel vostro mondo si chiama spesso diplomazia, pubbliche relazioni, saper stare al mondo. Per me è ipocrisia (dal greco υποκρίνομαι fingo/simulo che, recito).
L'unica certezza che abbiamo a questo mondo è che ce ne andremo e a quanto pare proprio quando tireremo le cuoia saremo improvvisamente simpatici a tutti e smetteranno di parlare alle nostre spalle. Non potendo loro impedire il loro atteggiamento da doppia faccia, preferisco selezionare accuratamente le persone con cui condivido parole e pensieri, cibo e bevande e il mio fin troppo limitato tempo. Sono consapevole di guadagnare con questa mia definizione il titolo di misantropo, eppure vi assicuro che da quando ho smesso di curarmi di una buona parte di esseri umani, la mia vita è notevolmente migliorata e come dice qualcuno "dormo meglio, mi ammalo di meno.."
La vita è troppo breve per accontentarsi di persone e situazioni che ci soddisfano a metà. Preferisco trascorre il tempo con esseri da cui ho da imparare qualcosa, con cui condividere chiacchiere e pensieri senza secondo fine, che riempiano il mio tempo di ottimismo e positività invece di crogiolarmi nelle loro trappole emotive. Ed essendo fortunata non solo ne ho incontrati diversi in questo angolo di mondo non troppo lontano, ma alcuni si sono fatti addirittura una giornata di voli e scali per venire a vedere quello che è per me il meglio che questo mondo mi  possa offrire.

Sono una donna fortunata.

 Ha cominciato a combattere le sue paure invece che assecondarle

A 32 anni le paure non passano da sole. Non hai più quella sana incoscienza che ti permetteva di superare tutto in un battito di ciglia. Hai quindi due strade davanti: o andare avanti a coccolarle facendole crescere il più silenziosamente possibile, oppure prendere il toro per le corna e soggiogarle.
La mia risposta è stata noleggiare una nuvoletta bianca e blu e percorrerci le malmesse strade di curve e giungla che solo Ubud sa offrire.
E non mi sono mai divertita tanto.

 Si prepara a tornare nel vecchio continente. 

Per qualche settimana (dai su ammettilo che ci speravi che ti dicessi che ho finito il cash e torno a casa da mammina, eppure no, sei nel blog sbagliato, ed un giorno ti spiegherò il perchè.)
Il modo migliore di continuare un viaggio è prendere un po' di tempo per riportare tutto a casa. Ed io di bagaglio ne ho accumulato un po'.
Ma non aspettatevi di vedermi fare la muffa in qualche noioso centro urbano!
La mia estate sarà all'altezza dell'inverno passato ed in men che non si dica arriverà il prossimo intercontinentale.  Quando capisci che le l'unica persona che ti può fermare è nella tua testa, chi ti ferma più?

domenica 15 marzo 2015

Effetti collaterali del mondo dal tempo di gomma.


Tutti hanno l'immagine di noi nomadi digitali come un branco di fancazzisti che passano le loro giornate a sorseggiare cocktail, a chiacchierare sui massimi sistemi e a vivere con il cheque di mamma e papà o a mangiare i propri risparmi.
Magari c'è chi può permetterselo ma io, s-fortunatamente, non appartengo alla categoria.
Dopo oltre un mese di lavoro intenso che mi ha alienato, di nuovi progetti che occupano il mio tempo libero  come piccoli rivoluzionari anarchici in una scuola abbandonata e di preoccupazione per i bonifici che arrivano sempre con una calma che tendo a non avere, finalmente è giunto anche per me il momento di prendermi qualche giorno di vacanza.
Così, avendo scoperto l'esistenza di un nuovo parcheggio custodito per gli scooter in zona aeroporto di è deciso di evitare di ingaggiare un tassista per le trasferte e di fare quei 40 km con il mezzo balinese per eccellenza.
L'unico problema che si scorgeva all'orizzonte era l'orario del volo, intorno alle 6 del mattino che rendeva il viaggio in scooter verso l'aeroporto un viaggio della speranza, considerando che la Ngurah Rai, il GRA di Denpasar, è un incrocio fra una superstrada e una città indiana. Si è optato quindi per la soluzione più comoda: partire il giorno precedente e dormire in aeroporto trovando un angolino comodo vicino a qualche gate poco frequentato.
Una volta arrivati, si è deciso di andare diritti ai gate passando tutti i controlli del caso.
Primo check della security, fatto. Secondo check del biglietto con tanto di battuta di bar code, fatto. Scan e controlli vari (fra cui quello della carta d'imbarco, superati. Desk ufficio immigrazione, per ottenere il timbro in uscita con conseguente controllo di carta d'imbarco, date varie, etc etc, superato con successo. Finiti i canonici venti minuti di rat race, mentre camminiamo, controlliamo gli orari sul biglietto. Ed ecco la fantastica sorpresa: due dementi italiani, stressati dal lavoro e contaminati dall'eterno stabile scorrere del tempo asiatico si sono presentati in aeroporto convinti di partire l'8 con un biglietto erogato per il 7.
Dopo reciproche minacce di morte violenta non consumatesi data la location inappropriata e diverse bestemmie che sono andate a cancellare una settimana di mantra e meditazione alla ricerca della pace interiore, ci siamo dovuti procurare a circa otto ore dal volo un nuovo biglietto, questa volta per il volo giusto.
Ma la domanda che sorge spontanea è: vabbè che noi siamo due rincoglioniti stressati, ma è mai possibile che in quattro controlli in un aeroporto internazionale NESSUNO si sia accorti di questi ritardati (nel senso di ritardo orario) che tentano di passare i controlli con una carta d'imbarco scaduta?
Probabilmente consapevoli della loro colossale cappella, quando ci siamo recati all'ufficio immigrazione facendo loro notare che abbiamo accesso ai gate con il biglietto sbagliato, perfino i burocrati indonesiani di turno la notte, irosi come una casalinga che non riesce a vincere la guerra agli acari, si sono messi il loro sorriso migliore e siamo stati scortati in tutto il percorso per "risolvere la questione". Mentre venivo accompagnata da desk a desk pensavo: whoa, se fosse capitato in Italia avrei perso ALMENO un quarto d'ora assistendo a tutti i responsabili dei quattro check che si scaricano la colpa a vicenda, cercando di evitare grattacapi e probabilmente avrei dovuto trovare una passaporta per raggiungere lo sportello della linea aerea per stampare i miei nuovi biglietti.
Ma più tempo trascorro qui, più realizzo che la magia dello spirito indonesiano si nasconde dietro alle loro straordinarie doti di semplificazione.
Pur avendo ricevuto il timbro che non mi autorizza più l'entrata allo stato senza quello dello stato successivo, scortata da un agente, sono rientrata nella zona proibita senza che nessuno si faccia domande.
Nessun protocollo, nessuna regolamentazione che non possa essere "violata" per non trascorrere la notte cercando di uscire da situazioni kafkiane.
Il mio danno si è limitato a 100 €, l'acquisto di un biglietto last minute per risanare la mia disattenzione e svariate bestemmie.
Probabilmente nell'occidentale mondo della "forma" e delle regole oltre a varie lavate di capo ed insulti, magari pure un po' di derisione, mi sarei trovata a fare i conti con una quarantena burocratica.
In tutto questo rido. Rido perché sono in un angolo di mondo in cui io sono l'immigrata, devo lottare con i permessi di soggiorno ed i miei "stipendi" occidentali non sono abbastanza per garantirmi il benessere e la vita semplice. Rido perché tutto il mondo è paese e stare dalla parte dello straniero che ogni volta che si trova un agente davanti teme di essere bullato per estorcerti qualcosa in più, ti fa comprendere come il mondo non sia lineare e sentirti al sicuro a casa tua è come vivere in una campana di vetro.
Ma rido soprattutto perché essere una control freak che controlla tutto 10 volte, dal rubinetto del bagno alla serratura di casa, non mi ha esonerato da commettere l'errore di sbagliare il giorno in cui dovevo presentarmi al gate.
Credo che sia proprio questo il concetto di "tempo di gomma" e francamente credo che a questo punto il tempo di gomma mi sia entrato dentro, e non mi lascerà per molto ancora.

giovedì 5 marzo 2015

Aspettando Thoreau

Il primo messaggio che ho letto questa mattina, attivando le sinapsi prima del sacro caffè, era di un mio affezionato ed adorabilmente critico lettore.
"Se tu dovessi considerare la semplicità, come argomento di riflessione, che pensiero metteresti per iscritto?"
Come un caleidoscopio questa frase mi ha accompagnata durante la giornata. Dalla colazione, consumata in chiassoso silenzio mentre canticchio i Lynyrd Skynyrd, alla mia lezione di Power Yoga, l'ultima frontiera del masochismo per il mio corpo male allenato.
Pensare la semplicità è semplice. Scegliere un solo pensiero rende la questione molto più complessa.
Dopo essermi persa fra infinite citazioni, libri e canzoni, sono giunta alla conclusione che tentare di descrivere la semplicità la complica e si perde il fine stesso della sua essenza.
Non scriverò quindi nessuna riflessione sulla felicità ma vi lascerò l'immagine che nella mia mente rappresenta in toto la sua quintessenza.

Holi in India.


mercoledì 4 marzo 2015

Il mondo fuori dal nostro mondo. Perchè smettere di sentirci superiori, può aiutarci a vivere meglio.

Mancano pochi giorni e mi addentrerò nel cuore del paese islamico più grande al mondo. Un Islam moderato, che basa la sua esistenza sul rispetto dei credo altrui, pur facendo sentire la propria presenza con leggi molto distanti dall'occidente.
Vivere in una società Hindu per quattro mesi mi ha regalato il dono della comprensione della diversità, oltre la retorica. Per quanto liberalismo vendiamo nel nostro mondo dalle poche regole spesso infrante, il diverso che accettiamo è colui che ha comunque punti in comune con il nostro pensiero. Accettiamo altri occidentali, perchè per quanto possiamo percepire le loro piccole abitudini diverse dalle nostre, hanno comunque un filo che riconduce alla stessa matrice. Abbiamo però un senso di difesa sempre attivo nei confronti di coloro che provengono da un mondo che ignoriamo e la xenofobia si nasconde proprio dietro le differenze sostanziali, che spesso ci limitiamo a giudicare senza tentare di capire.
A volte sorrido, quando penso a quando meno di un anno fa, su di un treno stipato che collegava Bologna a Piacenza, c'erano ben tre posti liberi di fianco ad un Sikh, e nessuno vi si accomodò, se non a Reggio Emilia, quando due giovani Francesi salirono a bordo, guardarono increduli il gruppo che se ne stava in piedi per il tragitto mentre c'erano dei posti vuoti e senza pensare due volte, sorridendo si sedettero, senza timore di alcun raggio malefico o contaminazioni aliene. Pur non avendo mai avuto problemi a sedermi di fianco ad uno straniero visibilmente pacifico, spesso preferendoli a Mamme Italiane DOP con marmocchi sbraitanti a seguito, ora che la straniera sono io, mi sento quasi una persona migliore.
L'Italia è un piccolo mondo antico in collisione con una mondiale globalizzazione, che come un bambino delle elementari abbastanza viziato, vuole che il gioco vada secondo le sue regole e pesta i piedi iroso in attesa che Mamma intervenga in suo favore.
Perchè noi mozzarelle bianche, con i nostri vestiti di marca e scarpe costose, non siamo da temere quanto uno straniero con un turbante in testa che percorre la nostra stessa tratta su di un treno per pendolari?
Non siamo stati anche noi (leggi occidentali) a fare delle guerre "di pace", in paesi vittime delle catene dell'odio ove per pura casualità risiedono gli ultimi giacimenti petroliferi? Non ci sono forse stupri, omicidi e violenze anche all'interno delle case per bene occidentali e non è sempre stato così? Non siamo forse noi, che viviamo nello stesso quartiere da ventanni e non ci prendiamo la briga di stringere la mano al nostro vicino? Quelli che provano odio ed invidia per i successi delle persone che li attorniano? Coloro che hanno inventato Wall Street da centinaia di anni vivono in funzione del dio denaro?
Non siamo forse noi che scegliamo di non avere figli perchè vogliamo ancora un po' di tempo per goderci la vita, che poi quando arriva un bambino finisce la festa? Non sono forse le nostre catene dell'odio, ad aver soggiogato l'Africa?
Ogni tanto mi arriva la domanda: Ma tu non hai paura di vivere in uno stato musulmano? In un paese in via di sviluppo? In mezzo a focolai di malattie che nel nostro mondo sterilizzato non esistono più? Sull'anello di fuoco, fra vulcani e terremoti?
Io ho paura di tornare nel mondo dove se porti a spasso un Iphone senza custodia e pellicola protettiva sei considerato un'irresponsabile mentre si calpesta il cuore delle persone che si dice di amare senza pensarci due volte. Ho paura di un mondo dove tutti hanno paura e costruiscono anche i loro sorrisi, per sentirsi all'altezza. Mi spaventa una società dove quando sorriderò ad una persona di cui lo sguardo si incrocia al mio causerà mille pensieri, tutti sospettosi, invece di trovarlo un normale gesto di umanità.
Ho paura di rientrare sotto la bolla protettiva del mondo che mi accetta legalmente ma non umanamente. Mi terrorizza un mondo fatto di gruppi, in cui la catalogazione corrisponde a sicurezza e l'individualità è considerata negativamente. E provo sempre più disprezzo per una realtà dove si confonde l'indipendenza con la volgarità, la libertà con la svendita del proprio essere ed i sentimenti con gli ormoni.
Ho incontrato Americani, di preciso un Ingegnere Aerospaziale che ha lavorato per la Nasa, che hanno lasciato tutto perchè non si sentivano di vivere nel sistema in cui erano, ed ora fanno lavoretti salturari in baretti lungo la spiaggia.  Ho incontrato Indiani che lavoravano come sistemisti per i sistemi di comunicazione degli aeroplani, avendo raggiunto la tanto sognata America, rimettersi in viaggio in cerca dell'umanità che sentono di aver perso. Tedeschi che vivono in giro per il mondo, chiedere di non odiarli per le colonialiste politiche teutoniche e dirmi che anche nell'arrogante Germania il popolo tira la cinghia, lavora dopo la pensione perchè lo stato non ha una previdenza sociale. Inglesi lamentarsi del loro sistema d'istruzione, incensato in tutto il mondo. Ho incontrato Italiani che lottano per un'indipendenza economica e sono felici senza pasta cotta al dente e la moka in valigia rifiutando proposte che li riporterebbero a casa. Olandesi lamentarsi della corruzione del proprio paese.
Penso spesso alle mie lezioni universitarie di Antropologia, allora così lontane dal mio mondo, oggi il segreto che mi porto in tasca in ogni angolo del globo per apprezzare la diversità.
Ogni paese, ogni angolo del pianeta, è un calderone di problemi. Ospita di tutto, dalla crudeltà più illogica allo splendore del senso universale di umanità e cooperazione.
Non esiste un popolo migliore o peggiore. Non sempre c'è l'happy ending.
Ma quando parti per il mondo con il cuore e gli occhi aperti, pronti a raccogliere ogni lezione che verrà, allora capirai che questo mondo non merita di essere visto dalla TV, ma di essere vissuto a pieni polmoni. I cibi sono fatti per essere assaggiati e la musica per essere ballata.
Vivere una vita nella paura non ti preserverà dal finale ultimo che attende, in un qualche modo, ognuno di noi.
Quindi vediamo di goderci il viaggio, cercando quello di buono che ancora c'è, in questo mosaico di idee e colori che è l'umanità.
Tanto la vita è molto più grande di noi e alla fine siamo tanti piccoli battiti di ciglia negli occhi di eterne divinità, che possiamo chiamare tempo.

lunedì 2 marzo 2015

Home.

Sono stata una viaggiatrice per la quasi totalità della mia vita adulta. Mi sono spinta fin da giovane prima oltre i miei confini regionali, poi in un altro stato ed ora in un altro continente.
Ogni volta che ho scelto un angolo comodo di mondo per le mie necessità del momento non ho mai necessitato di molti pilastri per sentirmi a casa.
Casa per me sono sempre state le quattro mura che mi hanno ospitato e dato un senso di sicurezza e protezione. Un nido dove riposare dopo lunghi turni di lavoro. Dove consumare i miei pasti nella totale tranquillità senza paura di macchiare i vestiti, una delle mie doti più note.
Un posto dove riconoscermi nel volto di qualcuno che mi fa un caffè o mi prepara un sandwich. Un vicino che mi saluta quando rientra a casa.
Nella mia vita non ho mai avuto molte certezze, anzi ho sempre sospettato che le certezze siano una sorta di cancro che tendono a zavorrarci facendoci deglutire bocconi amari insensati al fine ultimo della nostra esistenza. Questo mio approccio del tutto personale alla ricerca della mia comfort zone mi ha portato a costruirne una mentale, che mi porto a spasso insieme al mio PC e quei pochi oggetti importanti per il mio lavoro e per la mia memoria storica. Ci ho ragionato e filosofeggiato a sufficienza per stabilire che le mie radici sono talmente profonde che spesso ciò che accade in superficie è effimero e passaggero.
Tuttavia la mia vita guardando un altro oceano, mi ha portato più volte a mettere in discussione i pochi punti che credevo di aver già chiarito nel corso degli anni, ed oggi è bastato un incontro ad una lezione di Yoga per riempire la testa di domande, alle quali probabilmente non troverò altro che una risposta variabile nel tempo.
Dopo una lunga sessione di Pranala, ho incontrato una signora Italiana. Il volto di una persona che ha scavalcato il mezzo secolo, il fisico di chi ha combattuto molte guerre, gli occhi di chi ha scattato diversi volti. Una di quelle persone che parlano senza bisogno di parole. Un fascio di nervi e muscoli in una figura minuta, che senza una logica connessione, mi ha portato alla mente i cercatori d'oro.
Quattro chiacchiere informali davanti alla boccia d'acqua in uscita dalla sala eppure è bastata la domanda più diffusa da queste parti "Quando rientri a casa" e boom! arriva la locuzione pronta ad attivare le sinapsi ed a mettere in dubbio le piccole certezze odierne.
"Resto fino a fine Maggio, ma poi non so. Ora che non ho più nessuno al mondo, non ha molto senso tornare per forza. Posso scegliermi la meta."
Improvvisamente mi sono resa conto che il mio viaggiare, muovermi, scoprire altri mondi è sempre stato una scelta. Anche nei suoi momenti più dolorosi, quando mi sentivo sola, non lo sono mai stata veramente.
Al chè mi chiedo: ma se è vero che casa è dov'è il cuore, dove risiedono le persone che non hanno più nessuno al mondo?
Come si trova la felicità o la serenità quando sappiamo che l'unica persona che ci starà vicino fino alla fine, siamo noi?
Com'è realmente la vita quando la si affronta da soli? Che poi, si è veramente soli quando si perdono contatti di "sangue" che ci sono stati dati geneticamente oppure non si è soli mai, in un mondo di sette miliardi di individui?
Questo pensiero ha sbaragliato i pensieri di delusione nei confronti dell'umanità con i quali mi ero trovata ultimamente a confrontarmi spesso nelle ultime settimane. Passeggiando fra l'attualità, la fantapolitica e i cortili virtuali di gente transitata per la mia vita quel poco che è bastato ad escluderli dalla mia piccola ma fitta cerchia.
Improvvisamente mi sono resa conto che per quanto viaggi, per quanto esplori il mondo, casa resterà sempre quel piccolo angolo dove si trovano le persone che fanno la tua vita, rendendoti quella che sei oggi, riempiendo le tue giornate di calore ed affetto e che riescono a seguirti anche se fisicamente sono a decine di migliaia di chilometri.
Non so che cosa significhi essere soli al mondo, probabilmente non lo saprò mai.
E forse proprio per questo ringrazio di fare parte di una grande famiglia, di sangue e non. Particolare e folkloristica, dove ci si scontra e confronta. Ma che so, che comunque vada, avranno sempre una tazza di caffè pronta per me e quattro chiacchiere da condividere.
L'importante è avere qualcosa per cui ringraziare. Ed io, fortunatamente, fin troppi motivi per farlo. 

martedì 24 febbraio 2015

Our work is changing.

Non ho il copyright di questa frase, per quanto potrei tranquillamente attribuirmene la maternità per tutte le volte che l'ho pensata, esposta e tentato di far capire ad interlocutori disinterssati.
Sono quasi quattro mesi di nomadismo, di lavoro in uno spazio di Co Working e di inserimento in una società agli antipodi dei paramentri italiani. Quattro mesi in un ambiente multiculturale fatto di persone che si nutrono di curiosità, che investono tempo e dedizione in progetti studiati con tutta la professionalità del caso. Quattro mesi in un mondo fatto di sogni che non dormono nel cassetto, di progetti che non si accantonano per paura, di preghiere Hindu alla statua di Ganesha che protegge la casa, di meditazione e di introspezione nelle sedute di Yoga, di risate e di abbracci sinceri e svariate ideologie lanciate nel calderone di sentimentimenti e relazioni momentanee quanto profonde con stranieri che senti un po' famiglia, un po' parte di te.
Quattro mesi dopo smetti di comprendere e giustificare chi passato il giro di boa dei trenta, non ha ancora il coraggio di alzarsi in piedi, far sentire la sua voce, affrontare la propria vita ma caccia la faccia nel cuscino dell'infanzia mentre la mamma accarezzando la testa ripete che andrà tutto bene e non è da solo.
A questo punto del mio viaggio mi chiedo perchè si sprechino gli anni migliori sguazzando nell'infelicità.
Abbiamo tutti un bagaglio di scuse sul groppone per giustificare la qualità insoddisfacente della nostra vita, con le quali ci addobbiamo quotidianamete, invece che riempirci le tasche di energia e affrontare le situazioni con entusiasmo.
Rianalizzando la mia collezione di fallimenti, umani, emotivi e professionali, mi rendo conto che l'unica responsabile delle proprie azioni sono sempre stata io.
Non è colpa della persona con cui la relazione sentimentale, sia essa amore o amicizia, è fallita. Sono stata io che ho infilato la testa sotto la sabbia, mi sono raccontata favole auto assolutive per evitare di affrontare il problema in tempi brevi, per codardia e mancanza di coraggio. Non è colpa dello stato se non ho una stabilità economica, vivo in uno stato guidato da un governo corrotto ed assolutista, che spesso spadroneggia concentrando buona parte dei beni economici nella capitale e lasciando alla mercè dei propri problemi sociali il resto dell'arcipelago, provvedendo addirittura a soffocare violentemente eventuali rivolte sociali. Eppure, questo angolo penalizzato dell'arcipelago mi insegna ogni giorno nuove lezioni. Innanzitutto, che ognuno costruisce il proprio destino senza attendere dall'alto soluzioni. Sono poche le caste che si possono permettere l'accesso alle sovvenzioni statali, tuttavia ognuno nel suo piccolo crea la sua piccola fortuna. In un Warung dismesso, portando a spasso pasti sulla testa da vendere a chi lavora e producendoli di notte, investendo nella costruzione di più strutture per ospitare turisti, creando tour per l'isola. La cosa sconvolgente che ho notato qui è che una popolazione dall'infimo livello di scolarizzazione, spesso anche in età molto avanzata, impara le lingue necessarie per portare avanti quello che sanno fare. Che sia l'inglese, il giapponese o il cinese, si lanciano a capofitto nell'apprendere rudimentalmente chiavi di comunicazioni universali. Mentre noi, dall'alto della nostra cultura sviluppata,di rado affrontiamo lo scoglio di un'altra lingua cercando la via più semplice anche per le vacanze.
Un'altra grossa lezione mi è stata data nel weekend trascorso, quando suggerendo ad un amico del luogo l'idea per un nuovo business, che sarò lieta di supportare, la sua prima affermazione è stata: "Ho bisogno di tempo per costruire un team." Individualismo di matrice occidentale contro l'alveare asiatico. Chissà chi ha ragione. Forse è vero che nel vecchio continente il benessere ha raggiunto livelli molto più elevati, ma è vero che in un Asia abituata a combattere con tragedie geologiche ed epidemiche, rivolte intestine e spesso occupazioni, ad oggi sembra avere maggiore stabilità e reggere meglio l'impatto della crisi globale, divenendo una delle poche oasi depression free, dove la crescita aumenta anzichè diminuire. Sarà forse il caso di smettere di mangiare tutte quelle torte, che poi ingrassano e causano problemi cardiovascolare ed iniziamo a dividerle con la nostra comunità.
Il titolo di questo articolo è in una tabella di legno pirografata, all'interno principale di Hubud, il mio ufficio balinese.
Forse sia il caso di percepire la crisi come un cambiamento anzichè una depressione e di affrontare la dolorosa politca nazionale ed internazionale come un'occasione per cercare il nostro posto nel mondo?
Qualche giorno fa, mentre studiavo per la redazione di un contenuto per un mio cliente, mi sono trovata a leggere la storia della Vespa. Il simbolo del design italiano nel mondo, attualmente esposto al MoMA di New York e noto al mondo intero, non è nato in un periodo di placido benessere. Fu subito dopo la Seconda Guerra Mondiale che Enrico Piaggio si trovò ad affrontare la depressione di uno stato dopo una delle peggiori piaghe umane e ovviamente un business in decrescita visto che il potere d'acquisto era crollato. Non aspettò però momenti migliori, non si rintanò nel suo porto sicuro. Decise di produrre un veicolo alla portata di tutti, di larga diffusione. La cosa che forse non tutti sanno e che ho piacevolmente scoperto è che il prototipo della Vespa fu un flop e i primi pezzi vennero accolti negativamente dal pubblico. Nonostante ciò, investì ciò che aveva in una catena di montaggio, perfezionò il modello, chiese un appoggio commerciale all'allora salubre Lancia e il suo audace, per i nostri tempi forse folle giocarsi i tutto per tutto creò quello che oggi è noto in tutto il mondo.
E' forse dunque arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e smettere di piagnucolare cercando soluzioni reali, smettendo di sopravvivere in attesa del miracolo?