lunedì 26 gennaio 2015

The Passenger.

Con questo titolo vi sto facendo canticchiare Iggy e magari non capitava da un po', lo so.
Forse era proprio questo il mio intento, visto che ogni volta che mi metto alla tastiera una canzone in testa c'è sempre.
Ad Ubud è notte e mentre di solito a quest'ora attraverso la fase più profonda del sonno, questa sera il vecchio Morfeo ha deciso di farsi desiderare.
La vita nelle risaie è fatto da un soundtrack di rane, grilli, paperelle e altri animaletti che se la cantano indisturbati. Sembrano quei CD New Age, che ti fanno ascoltare nelle sedute di training autogeno. Ma non sono CD, è tutto live.
Non si percepisce una macchina. Non uno scooter. Ogni tanto qualche aereo, che vola basso abbastanza ma sembrano essere molto pochi in queste ore della notte.
Così, come da tradizione, mentre guardi la tenda rossa del letto a baldacchino, improvvisamente senti il bisogno di alzarti e di metterti a scrivere. Capita a tutti gli scrittori, dilettanti o meno. Mai che l'ispirazione giunga ad ore civili.
In questo concerto di grilli, rane e cavallette in una notte tropicale, il mio pensiero va ai viaggiatori.
Sempre più spesso le testate giornalistiche pubblicano articoli, storie di vita, di chi ha mollato tutto ed è partito. Aprire un bar ai Caraibi, insegnare immersioni in Thailandia, girare il mondo in barca o aprire un ristorante alle Samoa. Sotto ognuno di questi articoli centinaia di commenti stizziti, che all'unisono mostrano il loro disappunto con frasi del tipo: "Ce li avessi io i soldi!" "I soliti figli di papà!", accompagnati da quelli ancor più incattiviti come "Ma tanto tornano, ne conosco di gente che ha fallito ed è tornata con la coda fra le gambe."
Sarà l'effetto dell'Asia, un carattere privo di invidia forse per pigrizia, ma non riesco a comprendere come la scelta di vita di altre persone possa in un qualsiasi modo provocarmi sentimenti negativi.
Ho viaggiato per la maggior parte della mia vita adulta, o per lo meno mi sono trovata abbastanza lontana da casa ed immersa in culture che non mi appartenevano. Ho passato gli ultimi quasi nove anni a parlare lingue che non sono la mia lingua madre. Ho conosciuto tantissima gente di tutti i ceti sociali. Vi racconto qualcosa su chi sono i viaggiatori e perché hanno sempre quello sguardo placido
di chi è in pace con il mondo anche se stanno per mangiare dell'improbabile street food seduti su di un marciapiedi lercio in centro a Salonicco.
Il viaggiatore è quella persona che si allontana dalla sua comfort zone alla ricerca di un miglioramento delle sue condizioni di vita.  Non sempre sono dei poveracci, a volte non è la quantità di vita a mancarci ma la qualità. Viviamo in un mondo talmente complicato che solo una dose massiccia di semplicità ci riporta con i piedi per terra ricordandoci quali sono le cose che veramente contano.
I viaggiatori hanno sempre uno scopo, una meta. Ma la caratteristica comune a tutti i giramondo è che  nel corso del viaggio tutto si stravolgerà. II viaggiatore non è un ruolo da control freak, abitudinari e fanatici della routine. Un viaggiatore sa che quasi sempre i suoi piani sono destinati a fallire per colpa del tempo, degli scioperi , dei vulcani che eruttano inaspettatamente, dell'hotel che si perde la prenotazione, di un Escherichia Coli insolente di qualsiasi fattore fuori dal suo controllo. A questo fine tiene sempre un libro con se, magari un taccuino, per avere compagnia nell'ennesima notte in aeroporto letto o porto che sia.
I viaggiatori non sono soli, anche se viaggiano da soli. Si crede che chi viaggia per lunghi periodi non abbia una famiglia, degli affetti, qualcuno ad aspettarlo, ma non è così. Nessuno di noi è nato su di un albero ed è caduto a maturità raggiunta. Abbiamo solo degli equilibri diversi, un lessico famigliare differente, che ci porta a non aver bisogno di appuntamenti fissi per sentire la nostra famiglia parte della nostra vita. Con la tecnologia di oggi, da Bali, Roma o New York, lavorando un po' sui fusi orari, si ha una reperibilità del 100%. C'è sempre la possibilità di un biglietto di rientro last minute e ci siamo per la nostra famiglia quanto i sedentari che passano ogni domenica a pranzo.
Raccolgo magneti in ogni poso nuovo in cui vado, per mia madre che ne fa una collezione. Scatto una foto del quartiere e del punto in cui l'ho comprato. So che quando, fra qualche mese, saranno sul suo frigo, quei magneti non saranno solo degli addobbi, ma un pezzo di storia che hanno vissuto con me.
II viaggiatori non sono anime in pena, come spesso vengono definite le persone che compiono scelte differenti.
La maggior concentrazione di anime in pena che visto si concentrano fra le grigie mura degli uffici cittadini che si sentono troppo strette ma che hanno al tempo stesso paura di abbandonare, nelle linde e profumate palestre occidentali dove ci si ammazza per raggiungere una perfezione che non ci sarà mai, nei ristoranti HACCP dove se paghi trenta euro ti senti un eroe, nei bar dove si scambiano sempre le stesse chiacchiere e negli occhi di chi, anziché migliorare la propria esistenza, si applica costantemente nel rovinare quella altrui.
Le anime in pena urlano "Vorrei ma non posso." i viaggiatori sorridono " Voglio e troverò il modo per farcela."
I viaggiatori non sono degli approfittatori. Possono avere una manciata di euro nel portafogli, ma quello che hanno lo condividono.Una delle persone che sono più felice di aver incontrato qui, è passata da uno stipendio di tremila euro al mese a circa seicento. Non ha perso il sorriso un solo giorno. Quando è dovuto rientrare in Europa per le feste, aveva altre due settimana di una costosissima villa con piscina pagate. Ha lasciato la casa ad una ragazza che era appena arrivata e non ha chiesto un euro di rimborso.
"Nella vita a volte si da a volte si prende. Oggi è il mio turno di dare."
Al suo ritorno il suo budget era sceso vertiginosamente e non aveva idea di dove avrebbe passato i giorni successivi. Quella ragazza è tornata dicendogli che avrebbe dovuto rientrare a Toronto improvvisamente, e aveva un mese di un'altra casa favolosa già pagata. Quando lui ha fatto il gesto di pagare la differenza, lei l'ha tacciato con la sua stessa frase.
Un viaggiatore non è razzista perché ha passato i controlli d'immigrazione di diversi stati e a come si sta ad essere squadrati dal basso verso l'alto. Com'è facile sentirsi superiori nel nostro orticello, dove tutti ci conoscono e forse un po' per interesse, un po' per quieto vivere ci assecondano fin troppo spesso.
Quando esci li fuori però, capisci come ovunque tu vada, sei un elemento discordante. E non ti basta fare il gradasso con le tue mazzette di Rupie, Dollari o Riggit.
Sei uno straniero e finché stai qui vedi di portare rispetto per le tradizioni e la cultura che trovi. Anche se significa mettere i pantaloni lunghi perché sei in una città musulmana, o almeno sotto il ginocchio.  Non sei il capo, non fai le regole e francamente non lo sei mai stato. Sei uno su quasi sette miliardi e ci sono posti nel mondo, tantissimi, dove il tuo stato è conosciuto solo per la pizza e per il calcio. Fattene una ragione.
I viaggiatori si innamorano, ogni giorno.
Di un profumo mai sentito, di un nuova spezia, di nuove ritmiche che provi ad inquadrare, di una casa che non sarà mai tua sulle carte ma per sempre tu nel cuore. Quando passi la vita a scoprire, non c'è tempo per la noia. Tutto è una festa continua, anche se la tua quotidianità è fatta di casa e ufficio, come per la maggior parte degli esseri umani.
I viaggiatori sanno che la vita è un viaggio non una vacanza. Sarà piena di imprevisti, conoscerai tantissima gente e quasi tutti saranno di passaggio, pochi saranno quelli che alla fine ti affiancheranno per una lunga tratta. Sanno che non sanno quanto il viaggio durerà, ma va bene così.
I viaggiatori non hanno paura di essere la differenza che vogliono vedere nel mondo. Non temono di esporre la loro ideologia politica, la loro filosofia di vita, la loro posizione nei confronti del mondo. Non hanno bisogno di essere accettati da un gruppo, di essere marchiati dallo stesso stemma, di utilizzare le stesse frasi fatte. Hanno fatto i conti con la solitudine, con se stessi, con le vecchie ferite e non hanno paura di trovarsi di nuovo in una stanza vuota rileggendo per la decima volta lo stesso libro.

Come recita uno dei miei film preferiti, ci sono due tipi di viaggiatori: quelli che partendo guardano la bussola e quelli che guardano uno specchio. Quelli che guardano la bussola, partono. Quelli che guardano lo specchio tornano a casa.

Ma per i viaggiatori veri la casa è dentro e ce la si porta dietro, come le chioccioline dopo la pioggia.




Nessun commento:

Posta un commento