lunedì 5 gennaio 2015

Le dieci cose che i balinesi ti possono insegnare per vivere meglio

Sono passati quasi due  mesi dal mio arrivo su quest'isola, che mi ha fatto sentire "a casa" fin dalle prime settimane. E se ancora ho tantissimo da scoprire in quest'isola piccola quanto ricca di microcosmi, posso intanto stillare un piccolo decalogo che rende i Balinesi un popolo felice e sereno, nonostante tutto.
Bali non ha sempre vissuto floridamente nel turismo. L'isola ha vissuto guerre, occupazioni e carestie dovute da quei bestioni che ci dormono sulla testa chiamati Batur e Agung. Tuttavia, in questo paese che sembra più un mosaico da quanto è variegato, Bali cerca di mantenere la sua identità anche in queste nuove prove chiamate turismo, expat e globalizzazione. A metà di una scalinata di 470 gradini nella giungla di centro isola, abbiamo incontrato una coppia olandese con una guida.  Per i piccoli percorsi raramente ben segnalati, affidarsi ad una guida sembra superfluo, ma mi sono dovuta ricredere. Una guida non serve per trovare la tua strada, ma serve per capire meglio questo popolo così discreto ed accondiscendente, visto che il mio padrone di casa ed il compound in cui vivo non parla inglese e il mio indonesiano mi permette di dire frasi poco più che elementari e capire cosa sto per mangiare. Davanti ad una tazza di Luwak e a frittelle di Banana, in una pausa di un'oretta fra una salita e l'altra, le chiacchiere si sono sprecate. Anche Bali ha i suoi lati oscuri, che vivendo ad Ubud nella stagione delle piogge si fanno sempre più sentire
-Noi siamo "oggetti" del turismo. Il grosso dei soldi va a Jakarta. Basta fare un calcolo approssimativo: nel 2014 oltre tre milioni di turisti sono arrivati a Bali, senza contare i semi residenti che vivono l'isola con un Visto Pensione o Sociale. Questi tre milioni di turisti hanno pagato 35 dollari di Visa On Arrival, tassa, per entrare nello stato ed altrettanto per estendere dopo i primi ventotto giorni la loro permanenza. Questi soldi però vanno direttamente a Jakarta. Noi vogliamo un sistema di riciclaggio funzionante, i nostri fiumi sono inquinati, non riusciamo a smaltire la plastica. Vogliamo strade nuove, sono vecchie e sconnesse. Ma quei soldi servono a regalarci la nostra libertà di essere, anche se poveri, come siamo. Jakarta è musulmana e se deve elargire fondi ci costringerà a smantellare templi e a costruire moschee. Smetteremo di indossare Sarong e Sash e saremo vestiti secondo il loro rito. Non potremo più pregare le nostre divinità. Questi soldi è il prezzo della nostra libertà.-
Un popolo che "accetta", questi sono i Balinesi. Che accetta occidentali che quando comprano un servizio credono di comprare le persone, la sindrome da colone qui è molto presente. Un popolo che nonostante il suo senso di "pudore" non ha battuto ciglio quando ad una cerimonia solenne come una cremazione turisti a torso nudo e birra in mano si facevano i selfie di fronte alle Pire. Un popolo che nonostante tutto, sorride. Un popolo che quando abbiamo slittato con lo scooter in una strada ostica, ci ha scortato a valle assicurandosi che stessimo bene in cambio di nulla.
-Noi crediamo nel Karma.- Continuava la nostra guida.- Le buone azioni che compio in questa vita mi porteranno ad averne una migliore dopo la reincarnazione. Non siamo come i musulmani, ai quali basta un Ramadan e sono come nuovi. Noi dobbiamo seguire il Dharma per tutta la nostra vita, se non vogliamo farci i conti nelle prossime.-
Cresciuta in un paese dal cattolicesimo ipocrita e su misura queste parole mi hanno suonato un campanello.
Queste sono le lezioni che questo coloratissimo popolo mi ha insegnato, in questi primi due mesi a spasso per l'isola.

Smile: is Beauty!
La frase che il mio insegnante di Yoga ripete, quando ti trovi contorto in dolorosissime posizione che sfidano la fisica, la gravità e tutte le scienze note a noi mozzarelle occidentali! Il balinese medio applica questa filosofia a tutti gli eventi meno piacevoli della giornata. Se attraversi la strada senza fare molta attenzione e ti appoggi al motorino di un'altra persona, non partono Santi e Madonne, ma ti sorridono. Quando rovesci la tazza di caffè al bar e la cameriera deve pulire, ti sorride. Quando portano cesti pesanti in testa fra le risaie lo fanno sorridendo. Sembra che questo popolo sia stranamente incapace di provare rabbia. "Non siamo quello che ci accade ma come decidiamo di reagire a ciò che ci succede" parafrasando Jung. Forse i Balinesi hanno preceduto uno dei padri della psicanalisi e hanno trovato la loro via della felicità senza bisogno di pagare strizzacervelli.





Two, is better than one.
Per fare un lavoro banale, qui serve almeno il doppio della forza lavoro che da noi in occidente. Qui non esiste la biomeccanica industriale, che nella mia mente si rappresenta sempre con le immagini in bianco e nero di Charlie Chaplin in Tempi Moderni. Se vai da una parrucchiera ti troverai ad averne tre sulla testa, due che ti passano la tinta ed una che passa loro le vaschette. Al ristorantino messicano, dietro un bancone che contiene al massimo due mozzarelle bianche prima che si scannino sfociando in cannibalismo, ci lavorano in sette, più altri otto fra tavoli cassa e take away. Dal tatuatore, nonostante l'artista sia uno, si alternano in altri due, che più che piegare fazzoletti, fare il caffè e riempire le vaschette di colore non fanno. Questo perché i Balinesi hanno il senso del "Compound". Non esiste antagonismo, miglioramento personale. Lavorano tutti per tutti, dividono i frutti del lavoro anche se alla fine che traina è sempre una percentuale bassa della forza lavoro. Dove inizia l'uno finisce l'altro. Non esistono orticelli da coltivare, ma solo una grande terra di cui gioire. Sarà forse questo che ha permesso loro di sopravvivere a tutte queste prove?

Chiedimi se sono felice
-Non importa quanto li paghi, li puoi letteralmente riempire di soldi. Se un balinese non è felice al lavoro, se non si diverte, senza pensarci due volte non ci viene più.-
Raccontava qualche settimana fa un argentino cresciuto in Spagna, titolare dell'unico ristorante spagnolo in città. La maggior parte di noi ha passato, o passa tuttora, il tempo facendo un lavoro che non lo soddisfa. Perché ci sono i conti da pagare, perché ci sono i figli, perché c'è la crisi, ognuno ha le sue motivazioni per non aggiornare il CV ed iniziare a farlo circolare alla ricerca di qualcosa di più idoneo alle proprie aspettative di vita. I Balinesi, pur essendo in confronto a noi, poveri, si riservano il lusso di cambiare lavoro se il datore è un isterico mestruato spocchioso oppure se l'ambiente non li fa sentire a loro agio. Dato che l'unica certezza che abbiamo è che trascorreremo la maggior parte della nostra vita lavorando, è davvero così stupido cercare di farlo in un posto e con della gente che ci siano congeniali?

C'è sempre una via.
Il giorno di Natale, mentre sorseggiavo succhi di mango sulla celeberrima White Sand Beach, ho conosciuto una coppia dolcissima proveniente dalla terra di mezzo. O meglio, lei è una Kiwi mentre lui un Inglese felicemente trapiantato che torna a casa solo per le vacanze. Era già stato a Bali cinque anni fa. Alla White Sand, c'è sempre un vecchietto tutto pelle e ossa e  dal sorriso sdentato ma contagioso che suona uno xilofono di bamboo per poche rupie.
-Cinque anni fa ero qui sulla spiaggia, ed il vecchietto mi ha chiesto se volevo bere un cocco. All'epoca non c'erano molti barettini, così gli ho detto di si. Sono dovuto correre a fermarlo quando mi sono accorto che si stava arrampicando sulla palma per procurarmi qualcosa da bere!-
Per i Balinesi, c'è sempre una via. A volte richiede fatica, ma non si fermano certo alla prima difficoltà.

Essere gentili cambia la giornata.
Ogni volta che un Balinese ti ferma perde tempo a chiederti come stai e dove vai. Quali sono i tuoi programmi della giornata. Cosa possono fare per aiutarti. Non è retorica: è il loro modo di vivere. Ad un ristorante,  anche quelli da pochissime rupie, passeranno dieci volte a controllare che il cibo sia di tuo gradimento, che tu abbia abbastanza salsine oppure che la tua birra non sia finita. Appena dici loro che il pasto è squisito ti guardano soddisfatti, come se avessero superato il test di uno chef stellato. I Balinesi, credono nel Karma e credono che la vita li ricompenserà in base alle loro azioni.  Non sono avidi e non mentono perché temono di essere ripagati con la stessa moneta. Quale sia la genuinità alla base della loro azione è semanticamente impossibile da valutare.  Il risultato è quello che conta e vivere in un ambiente dove la gente non cerca di farti/farsi le scarpe è contagioso. Per fortuna!

Take it easy!
Buona parte della vita di un balinese lo trova sciallo, spalmato in qualche ombra a sonnecchiare, a chiacchierare, a ridere o a giocare a scacchi. Questo loro atteggiamento li ha premiati con il titolo di fancazzisti per eccellenza.  Un Balinese  non soffre di apatia, non ha bisogno di sgambettare dalla mattina alla sera per sentirsi realizzato e sa ottimizzare il tempo libero, regalandosi numerose pause. Coglie i "tempi morti" come un'occasione per passare del tempo a chiacchierare, beve birre e ride. Non hanno un'industria vera e propria, non producono nulla di esportabile tuttavia vivono di più e meglio, nonostante ai tropici i rischi per la salute siano infiniti e per la maggior parte di loro le condizioni igieniche lascino molto a desiderare. E' così insensato accettare che la vita è fatta anche di parti noiose?

Cerimony!
La parola più temuta dagli expat e dai turisti navigati in quest'isola. Quando c'è una cerimonia, tutto si ferma. Soprattutto per le feste grosse tutti i Balinesi rientrano ai loro paesi di origine e festeggiano con i loro cari, assolutamente non curanti di tutte le mozzarelle bianche che attendono di essere nutrite, viziate, coccolate e trasportate in giro per l'isola. Quando a capodanno, i titolari dell'homestay in cui ci siamo rifugiati, ci hanno comunicato chiedendoci scusa, che la cucina alle sei era già chiusa perché dovevano festeggiare siamo rimasti a bocca aperta. Nessuno rinuncia al lavoro per una festività nel nostro angolo di mondo! L'anno scorso ho passato le mie vigilie in negozio e già mi sentivo fortunata a staccare prima per non arrivare a casa all'ultimo momento. Loro invece, non curanti della gente che paga, ti consigliano i posti che terranno aperto fino a tardi e si ritirano a bere birre e suonare la chitarra! Doppiamente fancazzisti, secondo in nostri canoni. Ma sorridenti, sereni e divertiti. C'è davvero questo bisogno di avere tutto, sempre e comunque?
 
Se devi fare una cosa, rendila bella.
Il nostro angolo di mondo, che si sviluppa e si consuma altrettanto rapidamente, è all'insegna della "praticità". La bellezza è un lusso e come tale va debitamente pagato. Qui tutto ciò che viene fatto, dai piatti dei più umili Warung, le donazioni mattutine ai demoni per placare la loro ira o riordinare la casa, viene fatto seguendo un estetismo senza limiti. C'è arte ovunque, dalle porte e le statue intagliate a mano, alla frutta tagliata decorandola per la colazione. Da noi, chi perderebbe il tempo di tagliare un cocomero rendendolo carino in un alloggio di bassissima categoria in una zona poco battuta dai turisti?

Datemi uno scooter  e vi trasporto il mondo.
Per muoversi nel caos delle arterie principali della città e dell'isola, se si decide di salire in macchina serve armarsi di pazienza e prepararsi a lasciarsi intrattenere dall'autista nelle lunghissime colonne che ci si trova davanti. L'isola non era pronta a questo flusso di turisti e la viabilità era a malapena progettata per gli abitanti e qualche hippie che si è dimenticato di rientrare. In alta stagione, ma anche gli altri giorni, le strade sono costantemente imbottigliate. L'unica soluzione, per  chi ci passa un po' di tempo o non vuole passare le giornate nel cemento, è mettersi a cavallo di uno scooter e fare lo slalom tra auto ferme, altri scooter, cani pigri che sonnecchiano in mezzo alle strade e scimmie impertinenti. Non è pane per tutti i denti: richiede sangue freddo a più non posso e pazienza. Ma i locali sembrano averne fatto un'arte. Oramai non stupisce più vedere quattro persone a bordo complete di spesa che si lanciano nelle statali fra un paese e l'altro, rudimentali banchetti di streetfood trasportati su due ruote, boccioni d'acqua e pali di bamboo trasportati come se fossero noccioline. Il Balinese medio è una sorta di Transformer: mettigli una sella e due ruote solo le chiappe e non porre limiti alla sua fantasia ed equilibrio.

Terima Kasih.
Forse la parola più utilizzata sull'isola: Grazie. I Balinesi ringraziano per tutto! Ti ringraziano quando scegli il loro servizio anziché un altro, quando dai loro precedenza anche se non ne avrebbero diritto, quando dici loro che il pasto era di tuo gradimento, quando permetti loro di ripeterti l'ordine della cena o di pulirti la casa ogni mattina, quando li stupisci chiedendo loro come stanno, quando accetti il loro aiuto ed i loro consigli. Ogni azione è motivo di gratitudine. Verso di te, verso gli dei, verso l'universo, il Balinese è grato di tutto quello che ha. Di essere parte vibrante di una società alveare dove tutti hanno il loro ruolo. Della terra che vive, cammina e coltiva. Della vita che ha nella sua piccola bolla che lo fa sentire al sicuro del mondo la fuori. La maggior parte dei Balinesi non ha mai lasciato l'isola eppure non ne ha mai sentito il bisogno. Si potrebbero permettere molto di più, nonostante ciò preferiscono riversare i loro averi nella loro comunità con cospicue donazioni al tempio, il loro centro di vita, tutte al nominativo per evitare che "quote" spariscano in nero.

Non esistono popoli perfetti, esistono popoli felici e la mia finora esperienza di viaggiatrice, mi ha dimostrato come "felicità" e "benessere" non sempre vadano a braccetto.
Inizio questo anno con un nuovo bagaglio costruito con esperienze in un mondo che non mi appartiene, ma soprattutto con la consapevolezza che nessun mondo mi appartiene ed apparterrà mai.


3 commenti:

  1. Complimenti... conosco Bali ma si vede non abbastanza. Per conoscerla è necessario essere umili o almeno tentare di diventarlo.

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  2. Mi sono completamente ritrovata in tutto ciò che hai scritto. Vado via da Bali con tanti insegnamenti e con tanta nostalgia.

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  3. Per qualche minuto mi è sembrato di essere di nuovo lì. Grazie

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