martedì 10 febbraio 2015

Life is a Beach


Tre mesi in Asia e ti senti cambiata, forse migliore.
Hai ancora le crisi da "bonifico in ritardo" che ti mettono in stand by per settimane, ma provi ad affrontarle con maggiore serenità e a smaltirle più in fretta. Magari aiutandoti con qualche lezione di yoga. Hai smaltito i kg del mondo dell'abbondanza, dove mangiare non era più una necessità ed evitare le sembianze di un parallelepipedo era una delle fatiche di Ercole. Hai imparato ad affrontare gli inconvenienti della "simple life" come le colonie di formiche che ti invadono la cucina, i  gecki che la notte ti sbraitano sulla testa o perdere un treno perché hai sottovalutato le tempistiche.
E poi arriva una domenica come tante, dove per cambiare un po' aria, salti sullo scooter alla ricerca di mondi diversi e tutte le tue certezze vengono spazzate via.
Si chiama Uluwatu, si trova all'estremo sud dell'isola ed è un complesso di barettini, bettole e negozietti graziosamente arroccato sulle rocce e le grotte che portano in uno dei piccoli paradisi Balinesi. Non è una di quelle spiagge alla Rimini, dove vieni viziata e coccolata, ma una selvaggia piccolissima lingua di sabbia grossolana color oro, riparata da grotte porose che ti sgocciolano sulla testa. Ed è li che il tuo ego si prepara ad essere ribassato e le tue crisi esistenziali si impenneranno.
A parte qualche turista capitato per caso, che come te è in contemplazione come ad un Safari in Kenya, le criniere ondeggianti riflesse sull'oceano indiano sono quelle di un Ken dotato di sistema circolatorio e sessuale. Surfisti. Fichi.
Che il Surf sia una di quelle attività che ti renda un manzo da copertina oppure una gnocca dagli addominali scolpiti ed i glutei degni di un bronzo di Riace, s'era capito prima delle mie dis-avventure sulla tavola. Infondo se Kiedis si mantiene così nonostante la sua vita da rockarolla alle soglie dei cinquanta mentre tu al primo Asana che richiede qualche muscoletto in più tremi peggio delle mani di un malato di Parkinson, un motivo ci sarà.
Dopo aver sperimentato sulla mia pelle ed in ogni singolo strato della mia adipe il surf, versione for dummies, posso assicurare che il giorno dopo sembravo Forrest Gump nella preadolescenza.
Il surf è innanzitutto equilibrio, dicono.
Sticazzi, dico io!
Una che fa Yoga, ha anni di contact alle spalle e diverse coreografie se la dovrebbe cavare bene. Invece no! Perché purtroppo non è che ti metti in piedi sulla tavola e trainato da una forza invisibile come un postmoderno Cristo Australiano volteggi sulle onde in cerca di quella adatta.
Non sia mai.
Ti devi stendere su quella maledetta tavola, nuotare fino ad arrivare al punto in cui le onde sono "il giusto" per essere affrontate (non so voi ma nemmeno nelle lezioni più hard core di Hatha avevo percepito lo sternocleidomastoideo!) a quel punto devi guardare verso l'orizzonte (maledette tavole senza specchietto!) e quando "senti" che arriva quella giusta a quel con uno scatto felino (tranne me che sembro un chihuahua isterico sbracciante in una pozzanghera.) ti volti ed HOP leva sulle braccia (nel mio caso di gelatina) colpo di addominali (vedi cap. braccia) e sei in piedi!
Si direi che a suon di parentesi ho reso l'idea. Aggiungete svariate escoriazioni per tutte le volte che si crasha a riva peggio del 4s e ci siamo.
Invece loro no, loro sono degli angeli, che ondeggiano su onde importanti e le cavalcano con glorioso orgoglio!
Come fanno queste creature del cielo, così rare, ad essere fra i pochi eletti in grado di sfidare temerariamente gli oceani, scofanarsi burger come se fossero patatine con patatine ovviamente, dissetarsi a suon di birra eppure con il sorriso sulle labbra imburrate attraversare queste onde mentre tu a stomaco pieno trovi difficoltà a passare da un divano all'altro?
Dedizione è  la parole chiave che descrive dettagliatamente questo nodo di muscoli e sorrisi Aquafresh. Non ho ancora incontrato un fisico quantistico, un ingegnere nucleare e men che meno un programmatore che sfidano le onde con destrezza e nelle loro pause ti raccontano la loro carriera nella NASA. La tavola è un'amante gelosa e richiede gran parte della tua giornata, per svegliare addominali, braccia, gambe e glutei, lavorare sul baricentro, ottenere la giusta agilità ed entrare in connessione con le onde percependo quella giusta. I muscoli richiedono tempo ed esercizio, il SF nonostante le sue mille doti non dispone se non di giornate di 24h come tutti i gelatinosi comuni mortali, ed ovviamente incastrare il tutto con l'amore per il codice HTML o la rivoluzione russa risulta un ossimoro.
Forse è per questo che il Surfista Fico, che verrà definito d'ora in poi SF per comodità (o pigrizia, ma chi sto prendendo in giro, io sono brava a mangiare patatine davanti all'ennesima replica del mio PC dei Monty Pythons!) è strutturalmente incompatibile con la maggior parte dei modelli di Femmina che circolano indisturbati.Tutte abbiamo una tartaruga in collezione, di cui vantarci con le amiche e di cui custodiamo gelosamente la foto per le chiacchiere deprimenti dei periodi di magra con altre affamate come te. E' esotico, come il bastone della pioggia che hai comprato in quella sagra e non sai che minchia fartene se non spolverarlo. Così come ogni maschio che non sia la versione italica di Quasimodo ha una Barbie da sbandierare agli amici il venerdì sera in birreria, con scheda illustrativa e servizio fotografico già impaginato da Facebook. 

Quello che non si dice, di solito, è che tutti i SF e le Barbie sono i così detti modelli "virus intestinale". Durano non più di 24-48 ore, passata la fase acuta si torna lentamente alla realtà e si comincia a trovare questi modelli da prima pagina dei migliori magazine da aeroporto dannatamente noiosi. Non avrai facilmente la possibilità di discutere con loro della questione cipriota (si effettivamente, un interlocutore competente a riguardo è raro anche nel mondo dei modelli imperfetti. Tranne a Cipro!), non capiranno le tue citazioni di Woody Allen, se li porti ad una mostra di Pollock sosterranno che loro avrebbero imbiancato meglio e i Reality Show sono il loro concetto di cultura generale ed attualità. In men che non si dica capirai di avere davanti un perfetto involucro dalla sostanza incompatibile a te, omuncolo o femminuccia del mondo comune e noioso.
Che poi diciamocelo,  mica è colpa loro! La bellezza è l'unica dote che non dev'essere dimostrata. Il tuo acume non è altro che il metodo che hai per non estinguerti nel mondo della selezione naturale, la tua ironia la tua arma speciale per attirare individui del sesso desiderato senza basarti sul primo sguardo e il tuo stile fra l'Hipster e il Boho Chic il tuo modo di riciclarti nel mercato per non restare sugli scaffali.
Ed è per questo che il SF e la Barbie sono la coppia perfetta! Nel loro ambiente anglosassone saranno sicuramente stati il re e la regina del ballo di fine anno. Sono belli, sorridenti, invidiati e straordinariamente felici.
Questo è il punto che mi causa genuina e sana invidia per queste categorie.
Non una tartaruga su cui ci posso grattare il cacio da mettere nella carbonara. Non le tette che sfidano la gravità mentre le tue sfidano la prova matita con il sei giusto per bocciare, ma rimando a settembre. Non il culetto a mandolino senza un filo di cellulite( ok, io donna agrume ammetto che un po' si, quello lo invidio.).
La loro innata e perpetua spensieratezza.
I SF e le Barbie sono i Peter Pan dell'epoca contemporanea. Nessuno di loro sta appiattendo il loro epico fondoschiena su di una seggiola partorendo funamboliche sinapsi a riguardo. Probabilmente sono ancora in spiaggia, a farsi baciare dal sole o dall'oggetto del proprio affetto, a sfidare le onde o i carboidrati, a prepararsi per il prossimo pool party anche se alla fine sono gli unici che con un solo costume addosso fanno una figura perfetta.
Loro sono l'immagine della radiante serenità, che predichino pure le miei insegnanti di Yoga occidentali, dietro il loro apparente amore universale credo si nasconda la stessa faina isterica che possiede ogni donna in quei giorni del mese. E fanculo allo zen.
No, loro sono felici davvero.

Hanno imparato ad attingere al vero succo della vita e si ciucciano tutto il nettare senza preoccuparsi del domani. Godono di ogni singolo minuto, ora o giornata, consapevoli che le prossime saranno forse anche migliori.
Spesso non sono di famiglia ricca e vivono in alloggi spartani, progettati per farci stare a malapena la loro tavola e le loro chiappe nel lettino modello super base, non hanno quasi mai acqua calda perché temprati dall'oceano e va bene così.
Mentre tornavo da Uluwatu rigorosamente in scooter, seguendo gli usi e costumi locali, con lo sguardo perso fra le palme e le risaie, mi chiedevo: ma come invecchiano i surfisti?
Credo che i surfisti non invecchino mai. Così come credo che nessuno invecchi quando il presente è migliore di qualsiasi aspettativa. Credo che la vita sia troppo breve per aspettare la pensione per fare quello che ci piace, qualsiasi cosa sia. Credo che l'unico debito in questa vita lo abbiamo nei confronti di chi fa parte del nostro mondo e non consiste nel creare un futuro migliore ma un presente di cui gioire. Rendere felici le persone che ci circondano e non caricarle di negatività e di cattiverie. Lasciarle andare quando sentono il bisogno di continuare la loro strada senza di noi. Migliorare la nostra e la loro esistenza attraverso l'unica cosa che ci appartiene: la capacità di rendere le loro giornate speciali.
No, non sarò mai una surfista e anche se diventassi anoressica non sarei mai una Barbie.
Ma qualcosa del loro colorato mondo me lo porto dietro e continuerò a passare le domeniche a guardarli volteggiare sulle spiagge più belle che abbia mai visto ricordandomi che il mondo è per chi sa esserne felice.

Anche se sarò sempre quella che si limita all'hamburger sul promontorio.

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