martedì 17 febbraio 2015

Cellar Door

La vita di una Start Upper è fatta di porte.
Solitamente sbattute in faccia, ripetutamente. La vita è un osso duro e la predominante che differenzia l'enterpreneur (imprenditore ndr.) dal colletto bianco è la resistenza alle scornate contro le porte per procacciarci il cibo quotidiano.
Mi rendo conto che chi segue il mio blog da un triste ufficio e magari mi legge in un'insipida pausa pranzo senza carboidrati per mantenere la linea crede che la vita di noi nomadi digitali/freelance/startupper sia fatta di party, feste, cocktail e ore di infinito cazzeggio. Purtroppo devo sfatare il mito.
Nonostante provveda a riempire questo spazio virtuale di immagini divertenti e positive, vi assicuro che buona parte della mia giornata è fatta da me, che mi appiattisco le chiappe già flaccide di natura, partorendo preventivi per clienti che scelgono molto spesso la soluzione più economica.
Come in tutti gli ambienti, anche nel mio, la crisi porta a galla infinite professionalità che pensano bene di spuntarla abbassando i prezzi a livelli ridicoli. Quello che il cliente non sa, tuttavia, è che insieme al prezzo si ribassa notevolmente anche la qualità del servizio erogato ed è idiota pretendere di avere una Cadillac al prezzo di una Y10 perché tanto c'è crisi.
Se quando lavoravo dal mio eremo piacentino ogni porta sbattuta in faccia vibrava in ogni cellula riempiendoti di domande sulla tua reale capacità. competenza e soprattutto l'esistenziale quesito: sto facendo la cosa giusta? Da quando sono arrivata ad Hubud ed ho cominciato a cacciare le mani nel mondo dei freelance, ho scoperto che anche la loro vita è fatta di porte. Sbattute. Spesso prima ancora di ricevere una proposta.
Qualche giorno fa ho finalmente avuto modo di stringere la mano ad Alex, un francese che da settimane sentivo tenere chiamate skype infinite verso tutto il mondo r promuovere la sua impresa.
Ogni giorno, senza sosta. Decine e decine di telefonate al giorno. Molte delle quali finiscono alla prima battuta di presentazione, senza dar lui modo di approfondire. Mi chiedevo che razza di forza si nasconde in questo uomo, che se trova un paio di realtà ad accettare la sua proposta commerciale a fronte di quasi un centinaio di chiamate, è da considerarsi un successo. Eppure passeggia con il suo Mac per il cortile, chiama ed ogni chiamata sorride.
Quando ho avuto modo di stringergli la mano, con la sfacciataggine che mi contraddistingue, gli ho detto: Ma io ti conosco! Tu sei il titolare di xxxxx ti sento ogni giorno chiamare decine di persone. Sei il mio modello nei giorni bui.
Ho scoperto che Alex ha una famiglia e due figli, ma non si fa vincere dalla paura di una mensilità incerta. Continua a bussare, consapevole che prima o poi qualcuno apre.
Così mi sono chiesta: è meglio una vita di porte a cui bussare oppure la certezza di un "nido" lavorativo noioso ed abituale? Perché siamo sempre insoddisfatti?
Si forse era meglio cercare di spiegare l'etica della questione palestinese. Ma si sa che fare il funambolo sui massimi sistemi è da sempre una delle mie attività preferite.
Fra il vagabondare da un mondo all'altro, quello che sempre di più si fa certezza è che il concetto di sicurezza è inversamente proporzionale al "benessere" dell'ambiente circostante. Assurdo vero?
Come ho avuto modo più volte di spiegare, la semplificazione delle condizioni di vita di un popolo li porta ad abbassare la stanghetta tornasole della "felicità" aumentandone così le percentuali.
Ma questa volta non prendi a paragone quell'umanità che non ti è congrua ma persone come te, che combattono la propria battaglia per una vita tagliata e cucita su misura. La cosa strabiliante è cambiare la prospettiva e capire come quello che ti è stato passato come "incertezza" per molte menti sia "opportunità".
Allora forse è li che sta il segreto. A farsi i calli sui bernoccoli delle porte chiuse in faccia. A cercare senza perdere la fiducia, guardandosi spesso alle spalle e ripetendosi che se ce la si è fatta fino a qui,non potrà che andare meglio da qui in poi.
Non tutte le porte si chiuderanno.
Continuare a bussare, senza fare passi indietro.

Quando ho scritto la prima frase di quest'articolo, la prima parola che mi è venuta in mente è stata "cellar door". Definita la parola più bella della lingua inglese per il suo suono, senza bisogno di applicare un significato.
Forse è per questo che resto un'utopica idealista. Continuo a scovare magia nelle parole e a credere che un mondo diverso è possibile.

E dietro ad ogni porta chiusa c'era semplicemente un mondo che non valeva la pena di esplorare.

2 commenti:

  1. Ci sono tante startup e modi di concepirla. In una modalità come la tua penso che tu vada a cercare una cliente a cui offrire la tua professionalità per realizzare un prodotto. Nel mio caso penso a qualcosa di utile (complicato?) e qualcuno a cui interessi.
    In ogni caso mi domando come mai alla fine non si batta ciglio quanto per fare una firma sulla verifica periodica dell'estintore si sborsa quanto per 3 ore di lavoro di un professionista.
    Però le serate passate ad inventare qualcosa sono impagabili...è quello che crea dipendenza :-)
    Imparato a fare la salsina per gli spiedini? ...mi sa che debbo passare davvero dalle tue parti

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  2. Da quando sono qui mi sto specializzando in diversi settori che in Italia sarebbero stati impensati e dai quali, anche se ora è in fase embrionale, stiamo partorendo una nuova start up, unica nel suo genere che secondo i canoni da te espressi (prima lezione ai corsi tenuti da Google for Enterpreneurs ndr.).
    Qui scopro ogni giorno nuovi amori, grazie ai super cheap street food, Tipat Tahu è il nuovo oggetto del mio affetto.

    Qui ti aspettiamo e posto c'è ^_^

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