domenica 23 novembre 2014

Seconda stella a destra...

Mi chiamo Carlotta, ho trentun anni e da quasi due settimane ho preso un backpack con venti chili circa e ho lasciato l'occidente intenzionata a non tornarci prima della primavera.Prima di cominciare a sputare sentenze e ad avere un parere come si è soliti fare in nella parte di mondo in cui buona parte di voi ancora si trova,  catalogandomi nella lunga lista dei figli di papà che non avendo di meglio da fare parte alla ricerca della propria identità interiore, vi invito a sorprendere voi stessi e a leggere, questo primo articolo, fino alla fine. So che è un po' lungo e a volte un po' lento, ma un cambio di vita come questo non era facilmente descrivibile in poche righe, i prossimi saranno sicuramente più facilmente digeribili.

Quando io, e il mio compagno di viaggio, sia geografico che professionale, abbiamo annunciato che saremmo partiti per un periodo di almeno sei mesi con destinazione Asia la maggior parte della gente ci ha guardato come se fossimo pazzi. Abbiamo addirittura sentito la frase: "A Bali per sei mesi? Questi hanno vinto la lotteria!". Mi sarebbe piaciuto rispondere: "Mia cara signora, se avessi vinto la lotteria forse sarei rimasta in Italia! O forse no. Ma il concetto che "viaggiare" sia dannatamente dispendioso è spacciato da realtà che hanno reso del viaggio, un business. In realtà girare il mondo, è alla portata di quasi tutti. Ovviamente, con la giusta predisposizione ad adattarsi e sapendo rinunciare a tutti i gadget che da occidentali medi non ci facciamo mancare."
Alla frase: "Come sei coraggiosa!" che ho sentito negli ultimi mesi più e più volte ho sempre risposto:
"Non sono coraggiosa. Sono onesta. Mi sono messa davanti allo specchio e ho preso coscienza di quali erano le mie priorità. Non mi interessava nonostante i trent'anni suonati accumulare beni e conti corrente. Non mi interessava una casa di mattoni che comunque finita questa vita non mi porterei dietro e gli affitti vanno benissimo. "

 Vedete, il bello di avere trent'anni, tre pagine di un variegatissimo Curriculum Vitae  diviso in due stati, quattro lingue parlate e scritte e svariati disastri nucleari nella propria vita sentimentale ti donano una qualità rarissima: si chiama consapevolezza ed è quella bussolina che ti permette di mettere una puntina sulla mappa della vita e ti fa vedere a caratteri cubitali "TU SEI QUI". Un marker rosso grande grande che viene seguito da un diffusissimo WOW! 
Raggiunto questo livello, non sei certo arrivato a meta. Sei però sulla buona strada per il prossimo step: L'onestà intellettuale (Ed attenzione che qui il gioco si fa duro) . Un giorno di qualche vita fa in una lingua che non sto parlando ne' scrivendo, qualcuno mi disse: "Lo sai, Carlotta , cosa vuol dire crescere? Non significa ingrassare, ne' diventare più alti. Non ha a che fare con le rughe che appaiono e nemmeno con il fisico che decade. Crescere significa uccidere il moccioso piagnucolante che è sempre pronto a dare la colpa a qualcun altro. Ai genitori, alla vita, al caso, al destino, allo stato, al capo, ai fratelli, al vicino, al marito/alla moglie, ai figli. La persona matura è quella che SA di essere consapevole del proprio destino, lo accetta e se non è felice nella propria condizione fa di tutto per cambiarla.  Non attende l'occasione d'oro. La telefonata del conoscente. La benevolenza dei genitori. Si rimbocca le maniche, come un ariete butta giù tutti i muri che trova. Fino a raggiungere quello che per lui, è la felicità."
Ora quanti di voi possono dire di essersi svegliati questa mattina, aver fatto una colazione abbondante con tutto il tempo necessario ed essere partito per andare al lavoro sorridente e grato?
Vi assicuro che almeno una persona c'è e vi sta parlando proprio ora.


Ci sono stati molti punti di svolta nella mia vita, come nella vita di chiunque. Ma quello che mi ha portata a pasteggiare immersa nelle verdi lussureggianti risaie di Ubud oggi, è stato a febbraio 2014, quando in seguito all'ennesima staccionata saltata male ho deciso di cambiare percorso.
Ero stanca ma non tanto di un sistema instabile. Instabile nella mia lingua mentale è più vicino a "flessibile" ed "in evoluzione" che alla parola "pericoloso". Ero stanca della miseria intorno a me. Esausta di salutare le persone e di vedere quella smorfia imbronciata dire "Si tira avanti, dai…". Peggio ancora, assistere alla superbia inaudita di chi, con una macchina sotto le chiappe, un cellulare in tasca, il pacchetto di sigarette pieno, la credenza e il frigo stipati, la casa riscaldata e un armadio straripante, mentre sorseggia un drink ti guarda e ti descrive per ore quanto la vita sia dura con lei, la sua lotta con la sopravvivenza, il suo tortuoso percorso.
Non erano le cose a ferirmi. Era la mancanza di gratitudine, che era entrata a far parte del mio DNA nei mie sette anni in Grecia. Quando vivi un popolo che nel bene o nel male ringrazia Dio come intercalare ogni cosa che succede, dalla macchina che va in moto alla tredicesima che entra anche con qualche settimana di ritardo non può che contagiarti e farti realizzare come già solo il fatto di essere nata in una parte di mondo dove si può essere quello che si vuole è la benedizione più alta che si possa ricevere.
A ferirmi era l'eterna ipocrisia di tutta questa gente impegnata a coltivare il proprio orticello per cui "vai di moda" solo se ha qualcosa da guadagnare da te. Dove i le relazioni interpersonali sono un fast food sentimentale, dove arrivi ti abbuffi e te ne vai senza nemmeno curarti di buttare via l'immondizia.
Quando mi sono trovata vittima come tanti del sistema della "crisi" che  licenzia senza alcun preavviso che tanto di offerta ce n'è tanta, avendo già vissuto la crisi quella vera, quella della Grecia dove la gente che aveva il frigo vuoto sorrideva ancora e non circolava con telefoni d'ultimissima generazione o si sparava settimane in villaggio, ho deciso che non volevo stare a quel gioco malato e che mi sarei costruita una vita d'uscita.
Invece di accettare altre allettanti proposte di lavoro, ho deciso di investire in qualcosa di mio.
Così è nata Knit Ads& Communication.
Una piccola, per scelta, agenzia di Marketing e comunicazione, che ha come principio di base la cooperazione. Volendo dimostrare alle persone che crisi significa opportunità. Che la paura va vinta e che  la tempesta si può affrontare e la soluzione non è chiudersi a guscio nella propria comfort zone ma rischiare, come abbiamo fatto noi. 
Ci siamo rimessi sui libri, studiando materie che non ci appartenevano propriamente e siamo fieri di poter affermare di aver realizzato una realtà unica nel suo genere. Non ci interessa il "fast cash". Non abbiamo pacchetti ma studiamo soluzioni su misura per la realtà con cui veniamo in contatto. Ci siamo permessi il lusso di sceglierci i clienti perché guadagnare senza criterio ci avrebbe comunque omologato a tutti gli altri. Abbiamo scelto di seguire realtà creative ed in evoluzione.

Dopo i primi progetti abbiamo iniziato a percepire una "stabilizzazione". Cercavamo idee, ma non è semplice andare a caccia di nuove idee in un piccolo mondo antico. Ed inoltre, c'era sempre quello specchio.
Quello a cui una volta davanti si è posta la domanda da un milione di dollari: ma io cosa voglio dalla vita?
La risposta è uscita sorridendo: Non ne ho la più pallida idea!
Però so cosa non voglio.
Non voglio più essere un automa che trascorre la propria vita alla ricerca dell'infelicità. Non voglio più accumulare cose che riempiano buchi lasciati da affetti di facciata. Non voglio più indossare marchi che dicano chi sono, perché trovo il mio essere speciale nella mia individualità non nell'appartenere ad un gruppo. Non voglio più svegliarmi la mattina chiedendomi: che ci faccio ancora qui? Non voglio più lavoro che mi carichi di stress e che i miei momenti felici siano scanditi da ferie e Weekends. Passerò otto ore al giorno, cinque o sei giorni su sette per la maggior parte della mia vita lavorando, voglio che almeno non sia tempo rimpianto. Non voglio invecchiare prima di vedere il mondo e salire su di un aereo piena di paure e di pregiudizi. Non voglio più rispondere alle persone che va bene solo per circostanza.  Non voglio più il nuovo Iphone fino a che il mio continuerà ad andare anche se me lo propongono a 30 euro al mese. Non voglio una macchina. Non voglio nuovi vestiti.

Così ci sono voluti sei mesi, Knit Ads & Com è decollato e finalmente, è arrivata la risposta alla richiesta cosmica di un calderone di idee in cui tuffarsi a capofitto. Si chiama Hubud ed è collocato in quel piccolo paradiso terrestre chiamato Bali. Ma che cos'è questa struttura di Bamboo immersa nelle risaie che ha all'attivo ben 250 membri da tutto il mondo? Hubud è l'isola che non c'è per tutti quelli che come noi cercano i propri simili. Gente con cui condividere le proprie idee, da fermare in cortile e a cui chiedere un parere. Un posto dove dire: sono qui per imparare. Insegnatemi tutto quello che sapete.
Un mondo magico dove la creatività è libera di essere e nulla la ostacola. Anche perché, qui il life style ti impedisce di curarti di qualsiasi altra  cosa. Se prima dovevo dividermi fra: Lavoro, Casa, Hobbies, Lavatrici, Produzione di Cibo, etc. Qui nulla è un dovere tutto è un optional. Soprattutto per chi come noi, vive qui con "stipendi occidentali".
Ma dedicherò diversi post alla vita sull'isola mostrandone i pro e i contro con tutta l'onestà e la trasparenza che mi ha sempre contraddistinto.

Un'altra scelta c'è. Un'altra strada.
In questo blog verranno raccontate molte storie, di gente che ha scelto una strada "diversa". Senza essere milionari.
Basta avere gratitudine ed essere consapevoli di appartenere alla bassissima percentuale di persone realmente ricche. Perché se stai leggendo quest'articolo, probabilmente dal tuo comodo divano nel tuo riscaldato appartamento dal tuo pc, o Mac o smartphone allora smetti di autocommiserarti, prendi in mano la tua vita. Tu ne sei l'artefice nessun altro.
Guardati allo specchio e chiediti: per cosa sono disposto a combattere con tutto me stesso? Per cosa sono capace di sentirmi dare del folle e tuttavia sorridere? Ma soprattutto: quando è stata l'ultima volta che ho fatto qualcosa per la prima volta?
Ed è così che comincia la ricerca della felicità.


" Poi la strada la trovi da te che porta all'isola che non c'è". 

Nessun commento:

Posta un commento