Pur vivendo in una
bolla, lontana migliaia di kilometri dalla miseria della crisi e dal terrorismo
mediatico, seguo incessantemente le notizie provenienti da casa. Io di case ne
ho due: una di mattoni stabile ed immutabile con l'andare degli anni, forse un
po' posh, che mi ha vista nascere ed imparare come funziona il mondo, fra
stabilità e circoli viziosi che spesso si intrecciano perdendo i confini e si
chiama Italia. La seconda è un calderone che ribolle senza sosta, fatto di
sogni e del sale del mare più blu che abbia mai visto in Europa, di un bagaglio
storico importante e di una corona sempre più pesante di spine ed allori che
risponde al nome di Ellade.
Non sono esente da
crisi, sono un minimi, grava sulla mia testa la spada di Damocle delle tasse
che cambiano come l'umore di una donna in PMS, ma la vita è arte e se si vuole
osservare un quadro in tutti i suoi dettagli a volte è saggio fare qualche passo
indietro e prendere le giuste distanze.
Dalla giusta
distanza vi posso dire che a me la crisi non fa paura.
Non mi spaventa non
avere certezze riguardanti il mio posto di lavoro, il mio conto in banca, la mia pensione che non arriverà mai.
Non temo di non
poter mai prendere un mutuo per comprare casa, non ho bisogno di una macchina
costosa o di abbigliamento di marca che non mi potrò permettere. Non sono
frustrata all'idea che a quasi trentadue anni non ho nulla di certo se non
questi circa sessanta chili che mi porto a spasso fra un continente e l'altro,
qualche sinapsi in più di quando ero più giovane e lo stomaco in panne se la
sera prima faccio la splendida al ristorante indiano chiedendo un pasto molto
spicy.
Quello che mi fa
paura è il pressapochismo della mia generazione. Tremo ogni volta che sento
pareri letteralmente defecati con estrema certezza su questioni di cui si ha
una blanda infarinatura generale. Mi spaventa la poca voglia di cambiare, che
vedo nelle persone. Tutti ripetono di volere un mondo migliore, ma lo attendono
nella loro comfort zone, lagnandosi ma non prendendo in mano il volante. Ho
paura ogni volta che una persona dichiara di non prendere posizione
"perché tanto sono tutti uguali" senza nemmeno curarsi di avere
un'idea dettagliata di chi stanno rinnegando. A volte mi sento di vivere in un
limbo, una gigantesca sala d'attesa dove tutti attendono un domani migliore e
nessuno se lo va a prendere.
Mi chiedo perché.
Com'è possibile che
i figli della generazione che ha fatto il sessantotto non ha il coraggio di
alzare la voce? Perché nella nostra vita le cose fondamentali sono gli sfizi, i
gadget, il "sembrare" qualcuno invece di vivere in modo lineare? Da quando
le bugie per quieto vivere fanno parte del lessico famigliare, le famiglie sono
società per azioni e ci si lascia e si prende in base alle disponibilità
economiche e ci si innamora su modello McDonald, tutto e subito e il cestino
pieno di scarti?
Quando abbiamo
smesso di credere in un mondo migliore?
Leggere le notizie
diventa un processo sempre più doloroso. Affrontare questa folla di musi lunghi
e rabbia, folate di calunnie e malignità, sensibilizzazione limitata ai propri
simili e totale insensibilità ai morti di un dio minore.
A volte piango, nel
leggere i commenti alle notizie.
Vorrei prendere a
pugni tutti quelli che insultano la mia seconda casa, il mio secondo popolo,
dalla loro comoda seggiola senza avere un'idea di quanto ingiusti siano stati
questi cinque anni e di quanto abbiano violentato la loro natura conservatrice
per alzare la testa.
Piango quando leggo
sentite condoglianze per i morti al truce attentato francese e quando la
notizia di centinaia di profughi morti di freddo annegati vengono commentati
con un "meglio così, meno bocche da sfamare.".
Mi si contorcono le
budella quando vedo che le vite umane vengono pesate e vendute in base alla
bandiera dello stato, quella politica o quella religiosa.
E pensare che il
mondo andrà avanti senza di noi in men che non si dica e noi abbiamo trascorso
gran parte della nostra vita incazzati con qualcuno o qualcosa…
Quando ero bambina
avevo un sacco di sogni. Credevo ai folletti dispettosi che mi nascondevano le
cose in camera, anche se ammetto che a quello credo ancora. Alla fatina dei
denti, a Babbo Natale, che le nuvole fossero di panna montata e la luna di pan
di spagna. Credevo che un giorno avrei trovato un villaggio fatto di caramelle
come Hansel e Gretel, che sarei stata in una gigantesca sagra paesana in centro
USA a mangiare tiramolle appena fatte e che un giorno avrei nuotato in un mare
pieno di pesci ( e credetemi, chi ha vissuto il nord adriatico negli anni post
petrolchimico sa che questo è pari a sognare una partita a briscola con un
alieno).
Alcuni si sono
avverati, altri sono stati sfatati dalla scienza e da noiose persone adulte ,
anche se per me le nuvole restano di panna e la luna di pan di spagna.
Ho cambiato sogni,
crescendo sono cresciuti con me. Ma non ho smesso un solo attimo di essere
un'irrimediabile idealista, per molte persone utopica.
Il mondo non è stato
cambiato dalle api operaie. Ogni grande rivoluzionario, scienziato o pioniere
del passato si è sentito sicuramente dare del folle quando con quello strano
scintillio negli occhi, come se stesse presentando il suo capolavoro, annunciava
la sua scoperta.
Eppure la storia ha
dimostrato che sono stati questi i personaggi che hanno cambiato il corso degli
eventi.
La mia vita qui non
è fatta solo di noci di cocco, di ottimo caffè e pasti succulenti.
Passo la maggior
parte della mia giornata facendo quello che mi sono promessa quando mi sono
cacciata trenta chili di zaino in spalla: imparare. Seguo corsi, parlo con
persone, osservo un mondo che non avrei mai immaginato restando a casa e che il
NatGeo e Dmax non hanno mai passato. Seguo workshop e corsi, mi specializzo in
sempre più settori.
Non ho paura di
tornare a casa ad affrontare la mazzata di tasse che mi attende. Ma ho paura di
rientrare e trovare davanti a me ancora una volta l'ipocrisia di un mondo di
polistirolo e HACCP, di sorrisi di circostanza e di vuote chiacchiere da bar.
Oramai nella mia vita colleziono eccezioni e sempre più spesso sotto la forma
di sorrisi ed abbracci sinceri, di chi non ha nulla da guadagnare da te, ma
inevitabilmente ti vuole bene. Nel bene o nel male.
Leggo sempre le
notizie da casa, pur consapevole che il mondo intero è casa mia.
Sono Italiana, sono
Greca, sono Indonesiana, sono Ebrea, sono Palestinese, sono
Indiana, sono Americana.
Sono umana.
Non ho paura di una
crisi economica. La carta stampata non mi può spezzare il cuore.
Ho paura di una
crisi umana. Questa non sono capace di affrontarla, va ben oltre le mie
capacità.
E continuerò senza
sosta a cercare idealisti, sognatori, moderni Quijote con il loro fido
destriero, pronti ancora una volta a dimostrarmi che questo pianeta ospita dei
meravigliosi esemplari.
Oggi non pubblicherò
una foto scattata da me, ma pubblico un'opera d'arte, perché tale è, che mi
sono tatuata poco fa. La spettacolarità di Banksy, a mio avviso, sta
nell'essere il Little Black Dress dell'ideologia contemporanea.
Ho trovato in me
molto più di quanto mi aspettassi in questo artista ed in questa immagine, al
punto che, l'ho eletta simbolo alla creazione della mia impresina e di me in
questa fase fondamentale della mia vita.
sai che potrei dire cosa non voglio ma una assertività in positivo mi manda in crisi. Eppure ho un quarto di secolo più di te.
RispondiEliminaSiamo messi bene....
Buona noce di cocco!
Ti tengo una noce di cocco in fresca, sperando che passi di qua. Così quelle quattro chiacchiere si ri-fanno face to face ^_^
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